La Buvette

Ordinaria ingiustizia. Così le toghe infangano la politica

La storia del Senatore azzurro Marco Siclari

Ordinaria ingiustizia: così le toghe infangano la politica

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Ordinaria ingiustizia

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Cosa accade tra le stanze damascate dei palazzi della politica? Cosa si sussurrano i deputati tra un caffè e l'altro? A Roma non ci sono segreti, soprattutto a La Buvette. Un podcast settimanale per raccontare tutti i retroscena della politica. Gli accordi, i tradimenti e le giravolte dei leader fino ai più piccoli dei parlamentari pronti a tutto pur di non perdere il privilegio, la poltrona. Il potere. Ognuno gioca la propria partita, ma non tutti riescono a vincerla. A salvarsi saranno davvero in pochi, soprattutto dopo il taglio delle poltrone. Il gioco preferito? Fare fuori "l'altro". Il parlamento è il nuovo Squid Game.

Questa settimana voglio parlarvi di un caso assurdo, un caso di ordinaria ingiustizia. La vittima del “sistema” è l’ex senatore di Forza Italia Marco Siclari che, a causa di una intercettazione male interpretata, è stato accusato di voto di scambio politico-mafioso. La pena? Cinque anni e quattro mesi di reclusione. Una condanna di primo grado. Vi rendete conto? Un colpo al cuore per l’ex Senatore che, all’apice della sua carriera politica, ha dovuto lasciare tutto e subire l’onta mediatica e l’infamante accusa di aver stretto un patto con i clan calabresi.

Oggi, Marco Siclari, dopo un periodo passato agli arresti domiciliari, è un uomo libero, prosciolto da ogni accusa. I giudici, infatti, in appello, hanno deciso di non procedere contro di lui perché i fatti non sono mai esistiti. Non sussistono. Nessun patto, nessun accordo per essere eletto in Parlamento. Per chi lo ha condannato pare si sia trattato solo di “mera suggestione”. Una suggestione che ha rovinato la vita ad un uomo che, con passione, ha realizzato un sogno: sedere in Parlamento. Un sogno infranto dalla magistratura cieca che, senza scrupoli, nonostante la debolezza dell’impianto accusatorio, lo ha accusato. Rovinandolo. Rovinandogli la vita.

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Senatore, come sta oggi che questo incubo è finito?

“Sto iniziando a prendere coscienza e non è facile, ho vissuto un incubo: io accusato di un’infamia terribile. Un’accusa che non ho mai accettato. Da uomo del sud non posso che ripudiare certa gente e il malaffare. Non ci sono vie di mezzo. Mi sono sentito violentato, stuprato”.

Lei è stato condannato per una intercettazione male interpretata…

“Sì, c’è una frase intercettata che non è stata “tradotta”, interpretata. Una frase in dialetto calabrese che, invece, mi scagionava”.

Ci spieghi meglio

“Un signore è andato dal suo medico e questo medico millantava un’amicizia con me e ha chiesto se potesse darmi una mano alle elezioni e fin qui non c’è nessun reato. Premetto: il signore in questione, il paziente del medico, aveva avuto trascorsi in politica, era stato segretario dell’UDC e non aveva precedenti penali. Una volta arrivato al suo paese parla con un altro signore e gli racconta di essere stato dal medico e gli dice che il suo dottore aveva chiesto una mano per Marco Siclari. Questo signore, però, dice che non mi avrebbe votato. Tutte le persone coinvolte nell’inchiesta non mi hanno mai, e dico mai menzionato. Io non li conosco. Nessuno di loro. Eppure, sono stato condannato per questo”.

Secondo lei è stata

anche la sua appartenenza politica a Forza Italia a spingere i giudici a condannarla?

“Guardi, mentre mi fa questa domanda mi vengono i brividi perché…”. PER L’INTERVISTA COMPLETA ASCOLTA IL PODCAST

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