Vivere in condominio

Volantinaggio selvaggio nei condomini: ecco come "difendersi"

Se i Comuni possono fare poco di fronte al fenomeno delle cassette postali invase da materiale pubblicitario, qualche piccola “arma” a disposizione dei condòmini c’è

Volantinaggio selvaggio nei condomini: come “difendersi”
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Dopo esserci occupati della questione dell'affissione di pubblicità sulle pareti esterne dei condomini ( https://www.ilgiornale.it/news/cittadini/pubblicit-e-spazi-condominiali-norme-e-i-possibili-vantaggi-2311222.html ), esaminiamo un’altra problematica molto sentita, cioè le informazioni pubblicitarie che spesso “affollano” le nostre cassette delle lettere. Alcuni condomini hanno deciso di ovviare a tale tipo inconvenienti approntando dei raccoglitori ad hoc installati sulla parte esterna del portone o immediatamente fuori l’atrio condominiale, detti tecnicamente “tasca pubblicitaria”, anche per impedire l’accesso indiscriminato di potenziali malintenzionati, mascherati da addetti al volantinaggio. Ma vediamo nel dettaglio come si può gestire questa attività in alcuni casi parecchio invadente.

Cosa dice la legge

Poiché il volantinaggio è una pratica legale, garantita dai principi costituzionali di uguaglianza e libertà nell'iniziativa economica privata e non soggetta a restrizioni, i Comuni non possono proibire integralmente la distribuzione di materiale pubblicitario a domicilio. Secondo quanto stabilito, infatti, dal TAR Piemonte con la sentenza n. 742 del 15 giugno 2017, “Il Comune non può vietare la distribuzione di materiale pubblicitario porta a porta, ma solo sanzionare i singoli abusi delle imprese che intasano le cassette e sporcano le strade con i volantini”. Per i giudici amministrativi, ciò costituirebbe una violazione alla libera attività economica dei privati.

Venendo al caso specifico che ha portato a tale pronunciamento, una società operante nel campo del recapito porta a porta di posta pubblicitaria aveva impugnato il regolamento del Comune di Ornavasso (provincia del Verbano-Cusio-Ossola), nella parte in cui consentiva la distribuzione della pubblicità solo il martedì e giovedì, vietando l'introduzione di materiale pubblicitario nelle cassette che riportano un diniego espresso e, in caso di abusi, sanzionando anche le imprese che si fanno pubblicità sui volantini. Il Comune aveva ritenuto di adottare questo regolamento per tutelare decoro, sicurezza e igiene urbani, evitando la diffusione eccessiva di materiale cartaceo e l'intasamento delle cassette postali. Di parere contrario il TAR, secondo cui le disposizioni confliggevano con il principio di assoluta libertà che connota l'attività di pubblicità mediante volantinaggio, anche sulla base dei principi comunitari relativi all'attività d'impresa; da ciò anche l’impossibilità per il Comune di richiedere adempimenti e oneri economici. Di orientamento analogo anche alcuni recenti pronunciamenti del Tar Lombardia e del Tribunale di Cagliari.

Oltre che a livello europeo, i principi di liberalizzazione economica sono codificati nel nostro ordinamento interno. L'ente comunale non dispone infatti di poteri autorizzativi inerenti l'attività di distribuzione di materiale pubblicitario, trattandosi di attività essenzialmente libera e tutelata dalle norme che proteggono e favoriscono l'iniziativa economica. Inapplicabile in questo caso anche la cosiddetta "direttiva Bolkestein" (recepita dal D.lgs. n. 59/2010), che permette l’introduzione di restrizioni alle attività economiche motivate da tutela dell'ambiente o decoro urbano.

Cosa possono fare i Comuni

Ma allora bisogna rassegnarsi a volantinaggio a oltranza e cassette postali intasate? Non proprio, perché, sempre nell’ordinanza citata, il TAR spiega che "I Comuni possono invece operare attraverso i normali poteri di vigilanza sul territorio per prevenire gli effetti indesiderabili del volantinaggio (maggiori rifiuti, intasamento delle cassette postali) e per sanzionare i singoli abusi, colpendo esclusivamente i responsabili e le imprese per cui gli stessi effettuano la distribuzione pubblicitaria".

Se, dunque, non si può impedire la distribuzione di materiale pubblicitario indesiderato nelle cassette della posta, la si può quantomeno arginare riducendo i luoghi dove viene depositato, sanzionando poi i singoli abusi delle aziende che intasano le cassette delle lettere e sporcano strade e marciapiedi con depliant e volantini, a scapito della vivibilità urbana. Come ha deciso di fare il Comune di Giovinazzo, in provincia di Bari, che con l’ordinanza del 15 febbraio 2017 ha vietato a condomini, proprietari di singole abitazioni ed esercenti di attività commerciali, di installare, su parti degli edifici prospicienti piazze e vie pubbliche, contenitori aperti per il deposito di volantini commerciali, obbligando inoltre gli stessi a rimuovere quelli già installati.

L’ordinanza del Comune pugliese impone ai condomini, alle singole abitazioni e alle attività commerciali che intendono installare i contenitori per volantini, di utilizzare modelli capienti e chiusi, che possano essere svuotati frequentemente, così da non consentire il riempimento incontrollato e la caduta per terra dei volantini. Unica forma consentita per le campagne promozionali o informative, quella "porta a porta". Le sanzioni previste per chi contravviene vanno dai 25 ai 1.549 euro. Provvedimenti simili sono stati adottati, fra gli altri, anche dai comuni di Gela, Pompei, Sorrento. I Comuni hanno quindi il diritto di esercitare sul territorio i propri poteri di vigilanza per prevenire le spiacevoli conseguenze del volantinaggio senza controllo, ma solo in determinate situazioni.

Soluzione alternativa e legale

Fin qui le azioni messe in campo dai Comuni. Per contrastare il volantinaggio selvaggio, però, esiste una soluzione più semplice, che può essere adottata anche in ambito condominiale. Quale? Affiggere in prossimità della propria buca delle lettere una targhetta riportante la scritta "No Volantini", o "No Pubblicità".

Targhe o cartelli con questi messaggi, posizionati dai proprietari delle buche delle lettere, rappresentano una dichiarazione dagli effetti giuridici vincolanti. Chi dovesse violare tali indicazioni può essere passibile di querela per violazione della privacy e per molestia e disturbo delle persone, e l’episodio può essere fatto presente al Garante della Privacy.

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