L'analisi del G

Generazione sandwich. L'anomalia sociale delle donne moderne in crisi di mezza età

Hanno raggiunto i 50 anni e si ritrovano a incarnare troppi ruoli contemporaneamente, schiacciate tra lavoro, figli adolescenti, compagni distratti e genitori anziani. E spesso cariche di sensi di colpa

Generazione sandwich. L'anomalia sociale delle donne moderne in crisi di mezza età

Quella che si profila all'orizzonte è una nuova generazione di donne che, avvicinatesi alla maternità dopo aver investito lungamente su altri ruoli e compiti, si ritrovano a vivere una fase della propria esistenza nel pieno centro di un crocevia complicatissimo in cui transitano, in una surreale contemporaneità, l'adolescenza dei propri figli, il taciuto e contorto periodo della menopausa e il doloroso accompagnamento nelle vicende dell'invecchiamento dei propri genitori. Anno più anno meno parliamo della seguente situazione di simultaneità: intorno ai 15 anni i figli, più o meno 50 le donne, che potremmo definire a pieno titolo le «schiacciate», over 75 i loro genitori.

Le capostipiti di questa coorte di donne appartenenti alla generazione X sono nate a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, sono vissute nel pieno del boom economico, hanno goduto di infanzie tutto sommato semplici, allevate dal grande gruppo dei pari nei cortili da piccole e nelle piazze durante l'adolescenza, con genitori affettuosi ma ancora alieni dalla pedagogia imperante ai giorni nostri: i ceffoni non sollevavano grandi dubbi, si trasgrediva di nascosto per paura delle punizioni, non si faceva educazione sessuale nelle scuole né tantomeno se ne parlava con mamma e papà, le mestruazioni era facile fossero ancora una spiacevole sorpresa. Queste nostre protagoniste hanno studiato in classi miste mentre chiudevano le scuole e le sezioni femminili, hanno indossato jeans e minigonne ormai quasi svuotate dagli echi politici, hanno seguito una moda ancora ai limiti dell'unisex senza l'ossessionante equazione tra bellezza e magrezza che sarebbe arrivata poco dopo, hanno spesso preso aerei prima dei loro genitori, imparato l'inglese pomiciando nei campus all'estero, contemplato il matrimonio mentre si firmava il referendum per il divorzio e sperimentato una sessualità con più paura dell'AIDS che delle punizioni divine. Hanno ereditato le conquiste femminili Sessantotto. Hanno potuto scegliere se studiare, le più fortunate hanno viaggiato.

Hanno vissuto la loro prima volta con ancora l'alone romantico del suo essere «speciale» pur sapendo che probabilmente non sarebbe stata l'unica, e spesso hanno amato più uomini prima di sceglierne uno sperando che fosse per la vita. Il partner che hanno selezionato è stato individuato tenendo enormemente in conto quanto fosse arruolabile nel ruolo di genitore. E in effetti hanno poi affrontato la generatività insieme, più consapevoli della fatica e sentendosi meno sole nell'impresa. Sono dunque madri non giovanissime, donne ben più informate di un tempo, dedite ai figli ma decise a non abdicare agli altri ruoli, in un tirannico bisogno di essere «molto» in tutto: hanno cresciuto i bambini sulle ceneri della famiglia tradizionale e autoritaria, dando vita a una nuova famiglia affettiva che ha prodotto adolescenti molto amati, per certi versi più fragili di un tempo ma, superata la burrasca della crescita, in grado di avviarsi verso l'incerto futuro che li aspetta. Mentre vedono sfiorire la propria femminilità, non sempre accompagnata dallo sguardo desiderante di un compagno e/o dalla tenuta di un rapporto di coppia in grado di maturare insieme a loro, le «schiacciate» si ritrovano a mettere in gioco gli strumenti dell'accudimento appena riposti dall'infanzia dei figli nella cura dei genitori, in una gravosa e spesso non gradita (da parte degli anziani) inversione dei ruoli.

È proprio qui che vorremmo provare a fornirne una fotografia, nel punto in cui è sempre più comune incontrarle. La loro viene anche chiamata «generazione sandwich» poiché alle prese con fatiche provenienti contemporaneamente da più ruoli (materno, femminile, coniugale, sociale, filiale, professionale), con compiti evolutivi molto complessi caratterizzati da un comune denominatore luttuoso: il nido lasciato vuoto dai figli che crescono e se ne vanno, il proprio corpo in lento declino, a volte un matrimonio che fatica a reggere o necessita di nuovi equilibri, i propri genitori che perdono inesorabilmente autonomia e si avvicinano alla morte, creando le premesse per pensare alla propria, di fine, o alla precarietà della condizione umana. Per non parlare dell'ambivalenza verso percorsi di carriera che, proprio nel momento in cui potrebbero trovare agio in termini di tempo e investimento, risultano a volte svuotati di senso. La crisi della mezza età è sempre stata considerata più ostica nel mondo maschile, come se la tensione virile fatta di forza, coraggio e prestazione competitiva dovesse fare i conti con un inequivocabile declino difficile da accettare.

In realtà, le donne intorno ai cinquant'anni oggi subiscono, forse più degli uomini, il fardello del passare delle stagioni. In psicologia con il termine «crisi» si intende la rottura dell'equilibrio psichico precedentemente raggiunto. In tal senso è possibile ritenere il «momento di crisi» come il momento in cui uno strappo, un taglio, provoca una destabilizzazione del nostro equilibrio generando uno stato di stallo e l'impossibilità di tornare indietro. Da qui la necessità di trovare, non senza fatica, un nuovo equilibrio con sé stessi, con gli altri e con l'ambiente.

Se è vero che a cinquant'anni tutto sembra sul punto di finire, è anche vero che dopo una vita vissuta di corsa ci si può consentire di rallentare e usare l'esperienza accumulata per guardare in modo inedito passato, presente e futuro. Sostenute da una maggiore consapevolezza, un'autostima finalmente (ri)trovata e il magico potere della sorellanza con altre donne, si può inaugurare l'inizio di una nuova avventura.

*Psicoterapeuta dell'Istituto Minotauro di Milano e autrice di «Le schiacciate» (Solferino editore)

Commenti