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Max e Allegri fischi di San Siro. Pippo e quegli applausi impotenti

L'ex, accolto dagli sfottò, schiera una squadra aggressiva. Il successore, spronato dal pubblico, ma si rintana in difesa

Max e Allegri fischi di San Siro. Pippo e quegli applausi impotenti

Milano - Sembra una partita di scacchi ed è invece una sfida che eccita subito i due popoli: quasi 3,5 milioni di euro per l'incasso dei record, casa Milan invasa dai tifosi in gita a San Siro (oltre 5mila in coda al museo), coreografia degna del grande evento disegnata da tutto lo stadio, senza badare a spese. È il contributo di Barbara alla serata che vale il primo esame della stagione e l'inizio di un'altra storia calcistica. Timido e impacciato risulta il primo Milan sgabbiato dallo spogliatoio, autoritaria la Juve costretta a fare la partita dal suo imperturbabile Max che non vuol passare per un fifone dinanzi a quel furbacchione di Pippo il quale tiene i suoi tutti là dietro, come per caricare la molla e far scattare la trappola. I primi colpi proibiti, scambiati tra Muntari e Marchisio, tra Caceres e Menez, sono il segnale evidente delle tensioni che tolgono coraggio e precisione alle trame e moltiplicano le cautele, il tocco laterale scontato, il lancio ardito. La tregua, solo apparente, come apparente è lo scambio delle buone maniere tra i due in panchina, Max che sorride quando entra a San Siro accolto da una valanga di fischi, e Pippo, indurito dal fascio di nervi, si conclude a metà della prima frazione sul lancio di Muntari che Honda trasforma in una biglia insidiosa per Buffon.

A quel punto la Juve prende in pugno la partita e decide di andare a stanare il Diavolo, di sottoporlo a pressione, utilizzando la corsia centrale che si apre come le acque famose dinanzi al passaggio di Mosè. Lui, Allegri, conosce bene il difetto atavico della compagnia rossonera. In quelle zolle si libera Llorente, si infila Pereyra, si presenta Marchisio e sono dolori per l'acerbo Milan sollevato dal contropiede solitario di Menez che scalda i guantoni di Buffon. Devono provvedere alla bisogna un palo amico e Abbiati che l'antico sodale Ambrosini, dalla postazione tv, esalta e loda prim'ancora di cominciare («è sottovalutato, non dovevano prendere Diego Lopez»).

È vero, Allegri ha la solita… fortuna, Caceres si arrende al primo scatto feroce di El Shaarawy e deve cedere il posto al bronzo Ogbonna. È vero, Inzaghi può preparare meglio i suoi cambi: Bonaventura è il primo per il ragazzo con la cresta che non ha ancora benzina per sprintare fino in fondo, Torres il secondo quando c'è da scalare la montagna dello 0 a 1. Ma qui, seconda frazione, si rivede ed è possibile ammirare la Juve autoritaria e padrona del gioco oltre che del campo che imbottiglia il rivale prima di trovare il varco giusto. Ancora Marchisio lo sfiora, ancora Pogba lo insegue mentre il Milan si fa piccolo piccolo, come Pippo davanti alla panchina, rintanato nella sua metà-campo ad aspettare chissà cosa. La curva milanista ignora Max, braccia conserte come sempre, e incoraggia Pippo perché capisce che c'è bisogno del sostegno loro per salvare la ghirba. Questione di sensibilità, forse. Certo che di lì a poco Tevez col ciuccio in bocca infiocchetta il suo sigillo puntuale come una sentenza della Cassazione e a quel punto Allegri può ricevere i complimenti della brigata Juventus. L'avesse avuto lui, Max, Tevez ai tempi di Pato, chissà come sarebbe finita! Non ieri sera, naturalmente. Ha occhio il conte Max e grande intuito nel ritagliare per Carlitos il ruolo migliore, subito dietro Llorente, in modo da evitare la tenaglia della difesa e sgusciare, imprendibile, sul tocco uno-due davanti ad Abbiati che va a terra prima del tempo, senza possibilità alcuna di intervenire, sulla stilettata dell'Apache.

Adesso anche i fischi hanno un sapore diverso e quel sorriso sornione finale del livornese è la risposta anche ai tanti pregiudizi il giorno del suo arrivo a Torino.

Tornare a Milano, davanti ai vecchi amici del Milan, e sbancare San Siro senza Barzagli, Pirlo e Vidal, senza prendere gol, non è poi una cosetta così.

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