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Abusi sessuali, il Papa: "La Chiesa ha sbagliato ma la società è amorale"

Il Papa denuncia l’ipocrisia di chi critica i preti ma "ha fatto del permissivismo una bandiera". Poi continua: "Lo scandalo ci ha colpito in una dimensione per noi inimmaginabile"

Abusi sessuali, il Papa: 
"La Chiesa ha sbagliato 
ma la società è amorale"

«Dobbiamo chiederci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio...Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio». Benedetto XVI ha il volto segnato mentre pronuncia le parole sofferte dedicate all’esplodere dello scandalo pedofilia. Ripercorrendo il 2010, nel corso del tradizionale incontro con la Curia per lo scambio degli auguri natalizi Ratzinger è tornato a dirsi «sconvolto» per il fatto che proprio nell’Anno Sacerdotale sia emerso «in una dimensione per noi inimmaginabile» questo scandalo. Ma Benedetto XVI, che non ha mai sminuito la sua portata, questa volta invita a guardare al contesto più ampio, cioè all’ipocrisia di una società che ha fatto del permissivismo la sua bandiera.
I preti pedofili ha spiegato, stravolgono «il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita». Il Papa, citando una visione di sant’Ildegarda, che parlava della Chiesa con il volto coperto di polvere per la colpa dei sacerdoti, dice: «Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva».
«Dobbiamo interrogarci – prosegue – su che cosa possiamo fare per riparare il più possibile l’ingiustizia avvenuta. Dobbiamo chiederci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio, nell’intero nostro modo di configurare l’essere cristiano, così che una tale cosa potesse accadere. Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci - aggiunge - di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere».

Benedetto XVI non scarica le responsabilità altrove: «Siamo consapevoli della particolare gravità di questo peccato commesso da sacerdoti e della nostra corrispondente responsabilità». Invita però a non tacere «circa il contesto del nostro tempo in cui è dato vedere questi avvenimenti». Esiste infati, spiega, «un mercato della pornografia concernente i bambini, che in qualche modo sembra essere considerato sempre più dalla società come una cosa normale. La devastazione psicologica di bambini, in cui persone umane sono ridotte ad articolo di mercato, è uno spaventoso segno dei tempi». I vescovi del Terzo Mondo raccontano in continuazione al Papa come «il turismo sessuale minacci un’intera generazione e la danneggi nella sua libertà e nella sua dignità umana».

Ratzinger cita l’Apocalisse, che annovera tra i grandi peccati di Babilonia il fatto di esercitare il commercio dei corpi e delle anime e di farne una merce. Ma Benedetto XVI invita a guardare anche ai «fondamenti ideologici» di tali atteggiamenti. «Negli anni Settanta – ricorda – la pedofilia venne teorizzata come una cosa del tutto conforme all’uomo e anche al bambino. Questo, però, faceva parte di una perversione di fondo del concetto di ethos. Si asseriva – persino nell’ambito della teologia cattolica – che non esisterebbero né il male in sé, né il bene in sé». A seconda degli scopi e delle circostanze, tutto potrebbe essere bene o male. «La morale viene sostituita - aggiunge - da un calcolo delle conseguenze e con ciò cessa di esistere. Gli effetti di tali teorie sono oggi evidenti».

Ratzinger, che come ha fatto notare il direttore de L’Osservatore Romano Gian Maria Vian, «per oltre un ventennio» da cardinale «ha operato in ogni modo per contrastare lo scandalo degli abusi», nel discorso alla Curia ha parlato anche del mondo in crisi perchè, come alla fine dell’Impero romano, si sta «dissolvendo il consenso morale», «senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano». E ha nuovamente citato le violenze subite dai cristiani in Medio Oriente: non è la diversa fede, ha spiegato, a produrre cristianofobia dove per secoli si è convissuto fianco a fianco, bensì «l’avidità di lucro e l’accecamento ideologico».

Si levino dunque, ha chiesto il Papa, le «voci della ragione», ancora «troppo deboli», e si impegnino i leader religiosi e politici.

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