«Active grande protagonista anche all’imminente Cersaie»

Presidente, qual è la situazione della ceramica italiana, uno dei settori di punta dell’industria e dell’export?
«É vero - noi esportiamo il 70% del nostro prodotto - risponde Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica -; le cadute dello scorso anno sono state provocate soprattutto dal crollo dell’interscambio internazionale, che ha riguardato tutti i comparti produttivi, e che ha penalizzato di più chi vive di esportazioni. Stiamo comunque riscontrando che nei Paesi di destinazione dove la congiuntura, soprattutto nell’edilizia, è migliorata, le vendite stanno aumentando».
Qualche numero?
«Negli Stati Uniti e in Canada nei primi sei mesi abbiamo avuto un incremento dell’export del 18%. Ma il mercato era crollato».
Poi c’è la concorrenza cinese
«Problema spinoso, competizione scorretta. Anche il premio Nobel, Paul Krugman, sostiene che la Cina ha un export truccato, con una moneta tenuta artificialmente bassa e incentivi governativi all’export che infrangono i principi del Wto, l’organizzazione per il commercio mondiale».
Nel 2010 è percettibile un andamento migliore rispetto al 2009?
«Lo scorso anno abbiamo patito non solo il calo dei consumi ma anche la riduzione dei magazzini. Le vendite sono calate del 18%, la produzione del 29%. Oggi con la stessa quantità di venduto recuperiamo nella produzione, anche a due cifre. Riparte il volano».
Quali sono le sue aspettative?
«Il 2010 complessivamente fa pensare che il peggio è passato. Il recupero è lento, ma almeno non si cala più».
Di quant’è il recupero?
«Complessivamente, nell’ordine del 2-3%. Riprende l’attività economia. Buon segno».
L’Italia resta leader mondiale delle cermiche
«Sì, incontrastato: abbiamo il 35% del mercato, in valore».
Ma la Cina si sta mettendo d’impegno per contrastarvi
«É un Paese anomalo. L’imprenditore è libero, ma compete avendo a disposizione i mezzi di produzione, soprattutto il fattore lavoro, a condizioni migliori ed è assistito da aiuti di Stato, sia in termini di cambio della moneta che di finanziamenti all’export. Tutto ciò ci danneggia molto».
Come vi difendete?
«I cinesi vanno contrastati a livello europeo. Noi siamo favorevoli alla liberalizzazione dei mercati e alla caduta delle barriere: ci mancherebbe altro, con la nostra vocazione all’export! Noi compensiamo la concorrenza dei Paesi a basso costo con l’innovazione, con la produttività, con il valore aggiunto. Ma la Cina fa paura quando mette in campo pratiche non corrette».
Qual è la situazione del tessuto produttivo?
«Le piastrelle rappresentano l’80% della nostra produzione, il resto è sanitari, stoviglie... Nel 2009, rispetto al 2008, si sono persi 1.500 posti di lavoro su 26mila. Anche per un più massiccio ricorso alla terziarizzazione di funzioni che possono essere comprate all’esterno dell’impresa».
Fallimenti?
«No, solo qualche concordato. Su 200 aziende, una decina sono in difficoltà, e sono in corso grosse ristrutturazioni: ma questo fa parte del metabolismo dell’industria».
Cassa integrazione?
«Sono state avanzate circa 5mila richieste, ma soltanto il 15-20% di queste è stato realmente utilizzato».
Quanto ha fatturato nel 2009 il vostro settore?
«Circa 5 miliardi di euro».
A che livello era prima della crisi?
«Sei miliardi».
Il mercato italiano come va?
«Il piano casa, un provvedimento buono che non costa nulla allo Stato e può mettere in moto l’economia, non è ancora entrato in attività.

Molte Regioni hanno creato difficoltà per la sua applicazione».

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