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Addio Quaresma, lo rimpiange solo il coiffeur

L’unico deluso è l’uomo dei capelli di Ricardo: un litro di gel per leccargli la testa. Quaresma che abbandona Milano, va al Chelsea e lascia un vuoto incolmabile nella vita di un parrucchiere. Non piange nessun altro, però non si trova nemmeno un interista disposto a ridere: qui a Milano, con 27 milioni spesi per il cartellino sei mesi fa non ci possono essere risate. Resta l’amarezza ironica di quella catena di Sant’Antonio arrivata a ogni interista: «Ore 10.10: Quaresma prova la trivela. Tre piccioni morti. Ore 11.00: Quaresma riprova la trivela. Grave infortunio di un operaio che lavorava su un’impalcatura lì vicino. Ore 15.30: Quaresma ririprova la trivela. Colpito il catetere di Figo. ore 17.15: Quaresma ri-ri-ri-riprova la trivela. Mourinho gli fa notare che sono finiti i palloni, che non possono recuperarli sempre a Malpensa e che ha leggermente rotto i marroni. Ore 24.00: a letto, non visto da nessuno, quasi in silenzio, Quaresma fa una trivela».
Sarà un tormentone stonato: «Tri-ve-la». Ci faranno un remix e una puntata di Zelig con il discotecaro Johnny Groove a imparare il cross d’esterno. Povero Ricardo: tre sillabe per la sua ossessione. Sua e degli altri: accompagnerà una vita e ogni sfottò degli anti-interisti. Quaresma è il Pancev del 2009: arrivato come l’uomo più importante, quello che mancava, la fantasia, il tocco, il genio, la corsa e rivelatosi uno normale, un Centofanti qualsiasi solo che pagato quanto un fenomeno. Lui e il suo colpo annunciato come un’invenzione geniale. Sempre così, comunque: chiunque si sia presentato dicendo di aver inventato un nuovo modo di colpire il pallone, ciascun calciatore abbia parlato di se stesso o del suo gioco come qualcosa di straordinario, è stato un millantatore. Quaresma parlò subito dopo essere arrivato a Malpensa: «Vi insegno la mia trivela». L’hanno vista tutti o almeno hanno visto quella cosa che lui ha chiamato così: l’esterno usato come unica soluzione, con un’ostinazione unica e a volte maniacale. La palla comoda sull’interno e invece presa al contrario, come succede a quei ragazzini convinti di essere più bravi perché sanno fare una cosa sola. Ricardo l’ha sbagliata e allora ha provato anche con l’interno: domenica contro il Toro con la palla che non è neanche tornata dalla tribuna.
A Londra non si porta solo i fischi. Quaresma mette nella sua valigia anche la rabbia di chi sa che per colpa di quell’acquisto strapagato l’Inter non abbia potuto comprare nessun altro. Colpa di Mourinho, si dice. Lo voleva lui, l’aveva posto come condizione: «Voglio Ricardo». Bell’affare, visto che l’ha scaricato presto anche lui: in panchina, in tribuna, fuori comunque. Come i fenomeni parastatali di qualche anno fa: Rambert, Mendieta, Abel Xavier, Caio, Trotta, Vampeta. La Gialappa’s aveva battezzato bidoni anche Bergkamp e Kluivert: arrivati come campioni pieni di parole immense e paragoni da calciatori veri. E poi? Poi sbocciati come mezze calzette. Si sono ripresi all’estero: in Inghilterra, in Spagna. Altrove, comunque. Lontano. Erano scarsi, ma non così. Sapevano usare il destro, il sinistro, l’interno e l’esterno, la testa, la coscia, il petto. Non sapevano fare la trivela.

Però forse non sa farla neanche Quaresma.

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