Politica

Adesso finalmente possiamo abolire la par condicio

Fu la sinistra a volerla, per contrastare l'abilità di Berlusconi. Il black-out di questi giorni dimostra che è una legge illiberale

La drastica decisione della Rai - che ha sospeso per un mese Porta a porta, Annozero, Ballarò e L’ultima parola pur di non confrontarsi con lo spauracchio par condicio - tra i tanti effetti negativi, potrebbe averne uno positivo: mettere in moto il processo che porrà fine all’esistenza di una legge ottusa e illiberale, che non a caso trae il nome dal latinorum di Oscar Luigi Scalfaro. L’allora capo dello Stato lo ripeteva come un mantra: «Par condicio, ci vuole par condicio», e il «suo» Parlamento lo accontentò, partorendo il mostro incaricato di uccidere la superiore abilità comunicativa di Berlusconi in campagna elettorale.

Lo scopo fu raggiunto. Anzi, il risultato superò le stesse aspettative della sinistra. È una piccola storia molto italiana. L’applicazione alla carlona della legge diede origine a effetti grotteschi, con i partiti imbavagliati, ma i conduttori tv sostanzialmente liberi di fare il bello e il cattivo tempo, il massimo rischio che correvano era di trovarsi obbligati a una sorta di risarcimento video. Ecco allora le memorabili nottate di Emilio Fede, con Romano Prodi ripreso di spalle a ronzare per ore e ore parole scarsamente intelligibili a compensazione del troppo spazio diurno regalato al Cavaliere.

Ma ecco anche le altrettanto indimenticabili puntate «riparatorie» di Santoro, dove immancabilmente si otteneva l’effetto opposto, e cioè di mettere alla berlina per la seconda volta il danneggiato della puntata precedente. Questa «pacchia» è andata avanti fino al 9 febbraio scorso, quando la Vigilanza Rai, grazie all’inedita alleanza tra centrodestra e radicali, ha varato il regolamento attuativo. E subito sono stati dolori, un po’ come quando negli aeroporti fanno lo sciopero bianco, applicando con scrupolo maniacale tutte le procedure previste da codici e codicilli e riducendo sull’orlo della crisi di nervi i poveri passeggeri. Si è visto infatti che il pieno rispetto delle stravaganti regole sarebbe stata un’utopia e a Viale Mazzini hanno deciso di tagliare la testa al toro.

O meglio, al Santoro. E con lui a Vespa, a Floris e a Paragone: tutti in ferie, si riapre quando chiudono le urne. Ora, non sfugge a nessuno il paradosso che a mettere il bavaglio alle trasmissioni di approfondimento sia stato un Cda emanazione diretta di una maggioranza che ha come leader l’uomo-comunicazione per antonomasia (Sua Emittenza lo chiamavano, prima che si desse alla politica) nonché il più acerrimo nemico della par condicio. Ma non è meno singolare il contrappasso che colpisce la sinistra. Quelli che esultavano e inneggiavano alla democrazia compiuta quando la lista Stella Alpina aveva sul piccolo schermo lo stesso spazio del partito di maggioranza relativa ora levano strilli altissimi vedendo colpiti dal fuoco amico della «loro» legge gli annizero e i ballarò e sono colti da panico al pensiero delle crisi di astinenza da Travaglio alle quali andranno incontro durante il mese di marzo.

Ecco, la speranza è che questa beffa, questa doppia contraddizione, provochi nei nostri legislatori un sussulto di buonsenso. I partiti non hanno tutti il medesimo peso, i telespettatori non sono dei mentecatti da proteggere dai loro stessi pensieri, i giornalisti non spostano un voto. Ergo, non abbiamo bisogno della par condicio. Certo, poi ci sono gli abusi e ci sono i travagli.

Ma per quelli non serve il bavaglio: spesso basta una risata.

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