Controcultura

Affinati: "Non c'è scelta: decidono i soldi"

Sugli aiuti: "Servono borse di studio per i meritevoli fra i meno abbienti"

Affinati: "Non c'è scelta: decidono i soldi"

Docente di italiano e storia all'Istituto Carlo Cattaneo di Roma, Eraldo Affinati (Roma, 1956) ha anche fondato la Penny Wirton, scuola gratuita di italiano per immigrati. Secoli di gioventù (2004), La città dei ragazzi (2008), Elogio del ripetente (2013), L'uomo del futuro (2016) e l'ultimo Tutti i nomi del mondo (2018, tutti Mondadori) sono alcuni dei suoi libri dedicati alle esperienze con alunni e scuola.

In Italia quale posto occupa la scuola nelle scelte dello Stato?

«L'istruzione dovrebbe avere il primo posto, visto ciò che rappresenta: la coscienza in formazione del Paese, il luogo di contatto istituzionale fra giovani e adulti, lo snodo fra presente e passato, il corpo vivo dell'identità nazionale in perenne mutamento. Purtroppo così non è. La scuola resta spesso fuori dai veri giochi, come fosse marginale. È vero che si tratta di una macchina complessa, difficile da gestire e amministrare: chi la tocca si brucia. E perde consenso».

È davvero libera la scelta della scuola nel nostro Paese?

«Ad essere penalizzati sono sempre i meno abbienti: quelli che non hanno la possibilità di iscrivere i loro figli alla scuola che ritengono migliore, sia essa statale o privata. Chi sceglie le private lo fa grazie alle sue maggiori disponibilità economiche. Chi invece non se lo può permettere si troverebbe in condizioni di difficoltà anche se ricevesse un contributo dello Stato, perché non basterebbe a coprire la retta e le spese accessorie: viaggi di istruzione, sport, spettacoli, corsi supplementari. Siccome anch'io provengo da una famiglia povera, non dal punto di vista economico bensì culturale, sento con particolare intensità questo tema. I miei genitori avrebbero speso volentieri per me, ma non sapevano quale fosse la scuola più adatta».

Che cosa pensa dell'introduzione di un «buono scuola» per scegliere la scuola da frequentare?

«Con il buono scuola, per le famiglie ricche non cambierebbe niente. Quelle povere di fatto resterebbero tali. Dovremmo semmai costruire, in linea con il dettato costituzionale, un sistema di borse di studio per premiare, fra i meno abbienti, i più meritevoli e permettere loro di accedere ai corsi desiderati, che senza quell'aiuto resterebbero fuori portata. Nella mia esperienza di docente ho visto ragazzi rinunciare agli studi anche se erano molto capaci e mi è sempre sembrato ingiusto».

Poter scegliere il tipo di educazione introdurrebbe una competitività tra scuole che migliorerebbe lo stato generale dell'istruzione?

«La competitività fra le scuole, peraltro già presente, potrebbe creare i presupposti per un'istruzione di serie A e una di serie B. Sarebbe accettabile a livello universitario, ma per gli studi medi superiori lo considero inammissibile.

Sono proprio le scuole meno blasonate ad avere bisogno di ulteriori finanziamenti che le aiuterebbero a uscire dalla condizione di stallo in cui si trovano».

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