Roma

All’Ara Pacis Tullio Pericoli, il ritratto come paesaggio dell’anima

Plasmare la materia per raccontare l’anima, affidando alla levità del pennello il compito di dare concretezza alle sfumature dello spirito. È nell’armonia di «peso» e pensiero il segreto della pittura di Tullio Pericoli, che nella mostra «Lineamenti. Volto e paesaggio», al museo dell’Ara Pacis fino al 19 settembre, presenta 53 olî di grandi dimensioni realizzati tra 2007 e 2010, con paesaggi e ritratti, in una percezione - e proiezione - diffusa del concetto di lineamento. «Il ritratto - spiega Pericoli - è il tentativo di dare una fisionomia al fantasma che è dentro ognuno di noi e che, spesso, non conosciamo e non riconosciamo». Quella proposta da Pericoli è una galleria di anime portate allo scoperto quindi, ma anche di affetti. «Tutti i personaggi ritratti - prosegue - sono persone che ho conosciuto, alcuni veri e propri amici, comunque volti che hanno attirato la mia attenzione». Il primo e più amato, per ammissione stessa dell’artista, è quello di Carlo Caracciolo che, infatti, apre il percorso in un ideale benvenuto ma poi è un susseguirsi di visi rubati a storia e cronaca, da Samuel Beckett a Claudio Magris, da Pier Paolo Pasolini a Roberto Saviano. I volti-paesaggio raccontano la loro storia e l’evoluzione nel tempo, quello fisico «di vita», e nello spazio determinato dalla distanza tra osservatore e osservato, ma soprattutto tra pubblico e privato, dove l’immaginario supera e, spesso, trasforma, l’immagine. Qui il ritratto è intimità, una apparentemente rapida messa a nudo dell’essenza di ogni uomo, tratteggiata con pochi «graffi» di colore che sembrano voler far uscire l’anima dalla materia, quasi a strapparla via dal corpo. Ma è anche elaborata ricerca e studio, documentata nei bozzetti di quegli stessi ritratti, che testimoniano un’ulteriore evoluzione, stavolta dello sguardo dell’osservatore. Nella filosofia del lineamento «diffuso», Pericoli porta in mostra pure alcuni paesaggi. Protagonisti anche qui graffi di materia che raccontano cambiamenti stagionali, stratificazioni secolari, «rughe» quotidiane. «In ogni paesaggio - conclude Pericoli - ci sono tante anime, inclusa la mia. Io non mi limito a guardare l’orizzonte, ma lo immagino. Fantastico su ciò che potrebbe esserci oltre le linee che vedo, lasciando poi il compito all’osservatore di aggiungere fantasia a quelle che disegno. Le forme non sono casuali.

Mai».

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