Cultura e Spettacoli

All’Euridice moderna non basta la passione

Riesce a metà il monologo «Lei dunque capirà» di Magris

I rapporti fra letteratura e teatro da noi non sono stati mai facili. I letterati hanno spesso guardato alla drammaturgia come a un genere minore. Un pregiudizio solo italiano e paradossale nel paese di D’Annunzio e di Pirandello, grandi drammaturghi e altrettanto grandi nella letteratura. I nostri letterati, infatti, non solo amano poco il teatro ma quando ci si dedicano i risultati sono quasi sempre fallimentari. Basti pensare ai testi teatrali di Moravia e Pasolini, difficilmente difendibili. Lei dunque capirà di Claudio Magris, in scena al Piccolo Eliseo di Roma, conferma i limiti di una letteratura che non riesce a diventare drammaturgia. Magris ha la fortuna, rara per un autore italiano, di essere messo in scena da un teatro pubblico, lo Stabile del Friuli Venezia Giulia, con un impegno artistico che da noi di solito è dedicato ai classici. Certo il monologo come genere è per sua natura sostanzialmente estraneo al teatro ma nonostante tutto, il monologo può risultare teatrale quando ha in sé emozioni profonde.
Questo non succede in Lei dunque capirà. Le ambizioni di Magris sono alte: darci una lettura moderna del mito di Orfeo e Euridice, che coglie il rapporto fra la vita e la morte. Il mito è rappresentato dalla parte di Euridice che nella tradizione greca è una presenza muta; un'Euridice che nel testo di Magris non sta nel regno dei morti, ma in un casa di riposo al di là dei nostri giorni. Euridice racconta al Presidente della casa il suo rapporto con Orfeo, «la sua storia d'amore d’incanto, ma anche di realtà e di lotta per il miserabile potere quotidiano», scrive l’autore. Alla fine, il rifiuto di Euridice di tornare fra i vivi non appare «un atto d’amore straziato», come sottolinea il regista Antonio Calenda, ma un facile ribaltamento del mito originario. D’altra parte, la voglia di poesia diventa poeticismo, ad esempio in battute come: «Quando facevamo l’amore era come un mare, una grande onda che culla solleva sprofonda si rompe sulla riva». La regia di Calenda, nelle scene di Pier Paolo Bisleri ispirate ai dipinti di Lucien Freud e nei costumi di Elena Mannini, cerca, attraverso l’uso delle luci e dei suoni, di teatralizzare il testo. Daniela Giovanetti, attrice sempre più matura, interpreta questa Euridice moderna con grande passione e con fisicità non comune.



LEI DUNQUE CAPIRÀ - di Claudio Magris , Teatro Piccolo Eliseo di Roma, fino all’11 febbraio.

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