Cultura e Spettacoli

Anche Ortolani si cimenta con l’«Opera musical»

Riz Ortolani, come te lo trovi davanti, è esattamente come lo avevi immaginato: l’aspetto un po’ fastoso (già: quanti strumenti hanno le sue musiche?) la pettinatura e quasi il volto alla Rossini (non per nulla è di Pesaro) e i gesti da signore all’antica. Figuratevi adesso che della civiltà dei secoli passati si è nutrito, per inventare una storia ambientata nientemeno che nella Firenze dei Medici, più di mezzo millennio fa. Non che l’abbia guardata lasciandosi innocentemente affascinare. Anzi, se parla delle lotte fra le famiglie dei Medici al potere, dei Pazzi che congiurano, e della Chiesa che interviene, dice che si tratta di una questione tra grandi banche. Ma insomma il fascino d’una città meravigliosa in un tempo in cui si affrontava la gioventù come un’avventura lo ha toccato.
Ortolani è a Milano proprio per presentare la sua opera-musical (come la chiama ufficialmente) Il principe della gioventù (dal 6 maggio in anteprima mondiale agli Arcimboldi di Milano). «Opera», spiega subito, «non vuole dire che io pensi d’avere scritto un melodramma: per carità. Sono un compositore di musiche da film e musical. Soltanto voglio porre l’accento sull’operare. Tutto qui: sul lavoro attento e costante, sull’artigianato che occorre. Sulla concretezza del mio mestiere». Curioso questo pudore che avvolge il teatro d’opera.
Si è molto impegnato, nel comporla. Riz Ortolani è un musicista a pieno diritto, non un fortunato autore di canzoni che abbia allargato il campo al teatro musicale: diplomato al Conservatorio di Pesaro, autore d’una Sinfonia politonale in quattro movimenti, ha i mezzi per sviluppare con larghezza i temi, per farli dialogare in contrappunto, per controllare gli equilibri nell’orchestrazione. Non è colpa sua se il successo, dopo la colonna sonora d’un documentario discusso e geniale, Mondo cane di Jacopetti, è stato chiamato a comporre musiche da film in giro per tutto il mondo, accumulando premi. E se i ragazzi negli oratorii, le ragazze al matrimonio, vogliono Fratello Sole, sorella luna.
Il problema era trovare, dall’inizio, uno stile per una storia di amore e di rivalità in un’epoca antica; e ha pensato di contrapporre due organismi musicali, capaci di sorgere come dalle viscere della storia, con l’impianto dell’armonia tradizionale, ma dissonanti nei momenti culminanti, duramente, dolorosamente. Come certi momenti delle sue musiche da televisione e da film, che possono avere la tenerezza malinconica ma confortante della serie per la memorabile edizione televisiva del David Copperfield con Giannini e la Guarnieri, ma anche la stridente e presaga iattanza di certe sequenze del potente Il sorpasso con Gassman e Trintignant, dove jazz e scale esatonali inquietano la visione romana di Piazza del Popolo.
Però Il principe della Gioventù resta un musical. Con le sue parti parlate, con la danza in funzione dell’azione, con persino una partita di calcio fiorentino, di quelle che chiamiamo Calcio in costume, e ci fanno pensare a una blanda festa folk, mentre erano storicamente, e qui più che mai, scatenamenti di violenza. E, da quello che ho ascoltato, lo è davvero. Però ho il sospetto che Riz Ortolani stia un poco barando nelle sue distinzioni fra i generi. E che covi qualcosa che vada a cogliere più direttamente l’eredità dell’opera, ora che nella sua memoria e nella sua penna i linguaggi sono così naturalmente presenti. Vi ricordate di quel gioco in cui si guida un compagno disinformato a cercare un oggetto nascosto dicendogli «acqua», se è lontano, e «fuoco» quando ci è sopra? Nella ricerca della nuova opera, ho come l’impressione che con Riz Ortolani siamo arrivati a «fuochino».

L’importante, comunque, è che si accenda.

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