Ancora polemiche sul "Generale della Rovere" Solo una copia o un omaggio a Indro?
8 Ottobre 2011 - 10:10Dopo le critiche portate al progetto da Manuel De Sica, sull'opportunità o meno di rifare il capolavoro di Rossellini, continua la girandola delle polemiche. Produttore, regista e interprete della fiction ispirata a un racconto di Montanelli la difendono dalle accuse
«Mi dispiace che Manuel De Sica esca dalle sue competenze musicali per toccare un terreno non suo». «Prima di parlare, bisognerebbe aver visto le cose. E poi nessuno ha il diritto di venire a sindacare le mie scelte». Secche repliche a dure accuse. Se le aspettavano, ed erano pronti a ribattere; ma certo le aspre critiche che Manuel De Sica ha mosso dalle pagine del Giornale a Il generale Della Rovere - temerario rifacimento dell’omonimo capolavoro del ’59 diretto da Roberto Rossellini e interpretato da Vittorio De Sica - hanno visibilmente urtato Angelo Rizzoli e Carlo Carlei, produttore e regista della fiction che (come l’originale tratto da un articolo di Indro Montanelli) affida a Pierfrancesco Favino, domani e lunedì su Raiuno, la stessa storia del truffatore che si finge eroe fino a diventarlo davvero. «Mai pensato di competere con De Sica: sarei un suicida - mette le mani avanti Favino - solo che De Sica fa parte del Dna di qualsiasi attore italiano e interpretare un suo personaggio lo ritengo un privilegio». Dallo scomodo paragone il direttore di Rai Fiction, Del Noce, tenta di smarcarsi con un depistaggio letterario: «Questa fiction non è un semplice remake. Ma un omaggio al romanzo di Montanelli. Ed essendo più lunga del film contiene tanti fatti che nella pellicola originale non c’erano».
«Da Guerra e pace o Anna Karenina è stato tratto un solo film?», insiste Rizzoli. Ma è una difesa generica: non solo perché Il generale Della Rovere è celebre come film, e non come romanzo. Ma soprattutto perché non è il romanzo di Montanelli ad aver generato il film di Rossellini, bensì il contrario: «Il soggetto fu ispirato da un articolo di Montanelli, pubblicato sul Corriere - testimonia Sergio Amidei, sceneggiatore della pellicola - e solo dopo Montanelli pubblicò il romanzo, riprendendolo pari pari dalla sceneggiatura». E difatti agli autori della discussa fiction il precedente si ripresenta di continuo, ingombrante e inesorabile: «L’ho visto e rivisto - sospira Favino -, ma non l’ho copiato. Certo: in qualcosa l’ho citato. Ma se avessi saputo di commettere un delitto di lesa maestà, non avrei mai accettato di rifarlo. E poi, sia detto con rispetto: forse la memoria dei padri bisognerebbe anche scrollarsela di dosso. Aumenterebbe la creatività dei figli».
«Il pubblico che ha visto al cinema Il generale Della Rovere nel 1959 ormai si è esaurito» fa notare Rizzoli. «L’originale purtroppo appartiene al paradiso dei cinefili - decreta Carlei -, la nostra fiction, invece, si rivolge al pubblico della prima serata di Raiuno. Quello è del ’59, in bianco e nero, girato in cinque settimane, tutto in studio. Il nostro è del 2011, a colori, girato in molte location. Insomma: ha un linguaggio più moderno». E che le differenze tra le due opere saltino agli occhi, non è in dubbio. L’originale segue lo stile secco e quasi gelido del padre del Neorealismo; il rifacimento ha una voluta, insistita enfasi melodrammatica. Come nell’interminabile sequenza della fucilazione, che alterna continui rallenty a effettoni macabri (gli schizzi di sangue del protagonista sull’obbiettivo) concludendo con una bimba in lacrime che depone una rosa bianca sulla bara. «Beh, sì - ammette Carlei - quella scena Rossellini la risolve con una sola panoramica. Noi con 73 tagli di montaggio. Ma il cinema si evolve. E poi questo è il mio stile.
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