Cronaca locale

Anoressia, l'incubo comincia da bambini. E i genitori non se ne accorgono

Aumentano i casi tra gli 8 e i 12 anni, al Niguarda sono già il 10% dei pazienti. Le cause: disagi psicologici, difficoltà di comunicazione e l'influenza dei cattivi modelli. Ma il modo per guarire c'è

Bambini a metà, ragazzini interrotti. L'anoressia è un mostro che non si annida soltanto nell'età tormentata dell'adolescenza. Il 10 per cento dei pazienti anoressici curati al Niguarda è costituito da piccoli dagli 8 ai 12 anni. Cresciuti in situazioni di disagio psicologico o familiare, cominciano a nutrirsi poco e male fino a perdere peso, a smettere di crescere in altezza subendo uno brusco stop dello sviluppo.
Il dato fa scalpore e conferma la costante crescita di questa patologia, come ha si è approfondito questa mattina al convegno «L'anoressia nervosa nell'età precoce: i casi sono in aumento». «Su 500 pazienti seguiti, il 40 per cento ha iniziato a soffrire di anoressia prima dei 16 anni; circa uno su dieci tra gli 8 e i 12 - spiega Maria Gabriella Gentile, direttore del centro di cura dei disturbi del comportamento alimentare -. È un fenomeno nuovo che cresce in maniera esponenziale da almeno 7 anni».
Piccole donne non crescono. A soffrire sono per lo più le bambine, il 92 per cento del totale». Le cause sono diverse: disagi psicologici, difficoltà di comunicare e anche - ci risiamo - il cattivo esempio dei modelli proposti da tv e moda. Ma come si avvertono i primi sintomi? «I bambini cominciano piano piano a rifiutare il cibo, addirittura ad averne paura, a mangiare molto lentamente e troppo poco. Le cure sono tardive perché spesso il fenomeno è negato dagli stessi genitori», per disattenzione o mancata conoscenza del problema.
Eppure il modo di vincere la malattia c'è. «Occorre intervenire tempestivamente e creare una collaborazione stretta tra genitori, pediatri e scuole - conclude la dottoressa Gentile -. Se le cure sono adeguate l'80 per cento guarisce, solo il 15 ha una guarigione parziale».

L'incubo è però senza uscita per il 5 per cento dei bambini colpiti.

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