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Da anticomunista ad antiCav una trasformazione da Oscar

Oscar Luigi Scalfaro, nato come Dc di destra, per mezzo secolo ha combattuto la sinistra. Poi, pur di osteggiare Berlusconi, ha cambiato bandiera. Quelli che oggi si inchinano, lo accusavano di "golpe" VIDEO: Feltri racconta Scalfaro

Da anticomunista ad antiCav una trasformazione da Oscar

Ci sono stati due Oscar Luigi Scalfaro. Quello della Prima Repubblica che contribuì a fondare da giovane costituente. Quello della Seconda, che tenne egualmente a battesimo dal Quirinale dove fu intronato nella primavera del 1992 nei giorni convulsi dell'attentato a Giovanni Falcone.

Nel primo mezzo secolo di carriera è stato un classico dc che, tenendo il profilo basso, si è arrampicato all'ombra dei grandi De Gasperi, Scelba, eccetera, raggiungendo mete che non sembravano alla sua portata. Era un baciapile parruccone che poteva passare per un indigesto mattone se non fosse stato particolarmente spiritoso e tanto maligno da rendere molto divertente la sua compagnia. Si trasformò invece in una serpe tout court quando Silvio Berlusconi entrò in politica. Divenne velenoso e sleale. Irriconoscibile. Tanto che, di destra e anticomunista al cubo com'era («i comunisti restano comunisti, anche quando sono in pigiama», diceva) si trasformò nel primo alleato del Pd-Pds contro l'intruso di Arcore. Ha davvero odiato il Cav, il riccone dedito a fare soldi in tv con i seni delle ballerine, considerandolo l'Anticristo. Ebbe la reazione di un uomo della casta politica che non tollerava l'ingresso nel suo mondo dell'estraneo che portava scompiglio e un'aria nuova che al naso di Scalfaro pareva invece mefitica.

La devozione di Oscar Luigi per la Madonna era proverbiale. Più volte il giorno si chiudeva in una stanza per chiacchierare con Lei. La invocava con epiteti di squisita fattura che ha poi raccolto in un libro diffuso nelle parrocchie: «La Mamma, la Padrona, la Splendidissima, la Madre del Bell'Amore, la Castellana d'Italia, la Corredentrice, l'Ancilla». Altra passione scalfariana fu Maria Maddalena, la fille de joie pentita. In un suo best seller caro alle Figlie di Maria scrisse: «Mi ha sempre colpito questa donna impastata d'amore. Attendo di incontrarla». Nell'attesa, riflettendo su stesso, giunse a questa conclusione: «Sono un broccolo. Ma è meglio essere un broccolo nel campo del Signore che un fiore piantato fuori dal campo». Il grosso del suo seguito elettorale era formato da badesse, suore e novizie. Grazie a loro, fu rieletto per undici legislature, finché - dopo il Settennato -, divenne senatore a vita. La presa sulle tonache muliebri era tale che un giorno il cardinale Siri esclamò stupito: «Nessun cardinale controlla tante suore come quest'uomo».

Il mondo femminile fu la gioia e il tormento di Oscar Luigi. Tutti sanno che ha vissuto consustanzialmente per 66 anni con la figlia Marianna che fu la first lady d'Italia nel periodo del Quirinale. Vedovo a 26 anni, Scalfaro non si è risposato. Le cose andarono così. La moglie ventenne, Mariannuzza, andava incontro a un parto difficile. L'ostetrico disse a Oscar: «C'è il rischio di dovere scegliere tra la mamma e il figlio (all'epoca, il sesso restava un mistero fino all'ultimo)». Il marito rispose: «Non farò mai nulla che impedisca al bimbo di nascere». Ossia, prima il bebè, poi la moglie in linea con i dettami della morale cattolica, ma in contrasto con l'amore maritale. Il parto in sé andò bene e nacque Gianna Rosa. Mariannuzza morì però 17 giorni dopo per un embolo e il padre ottenne di cambiare nome alla neonata. Così, Gianna Rosa divenne Marianna, in onore della mamma.

Escluse le badesse e le due Marianne, il nome di Scalfaro non fu mai accostato a quello di altre donne se non in un unico caso. Era un giorno di luglio dei primi anni Cinquanta, quando Oscar seduto in un ristorante di Via della Vite, due passi dal Parlamento, vide una signora al tavolo vicino. «Gesù Maria», disse tra sé. La malcapitata, infatti, indossava un vestito scollato. Scalfaro si avventò su di lei: «È uno schifo. Una cosa abominevole. Lei è una donna disonesta. Le ordino di mettere il bolerino». Pareva pazzo, ma fu preso sul serio. La signora, Edith Mingoni Toussan, 30 anni, si offese e suo padre, un ufficiale, sfidò Scalfaro a duello. Lo scandalo fu immenso, la replica allo sfidante, marpiona. «Quando una persona seria - dichiarò Oscar Luigi pensando a sé - riceve una comunicazione poco seria, non la prende in considerazione». A incrociare le lame, non ci pensava proprio. Ne fu talmente irritato il principe De Curtis, in arte Totò, che prese carta e penna e stilò una lettera aperta al «suo» sottosegretario allo Spettacolo (ruolo del Nostro all'epoca). «Le persone alle quali il sentimento della responsabilità cavalleresca è ignoto - scrisse con disgusto -, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini ai quali il coraggio dice ancora qualcosa». In pratica, un invito a spararsi. Da sottosegretario, fu talmente beghino da farsi odiare da cineasti e teatranti tormentati dalle sue censure. Malaparte, che lo detestava, scrisse di lui: «A giudicare dai lamenti e minacce, si direbbe che l'on. Scalfaro si consideri l'unico uomo morale di questa, a parer suo, immoralissima Italia».

Nato a Novara da un nobiluomo calabrese, impiegato delle ferrovie, e una nobildonna piemontese, Scalfaro fu in gioventù giudice della Repubblica di Salò. Dopo avere però imposto la giustizia mussoliniana, con la Liberazione partecipò alle epurazioni come pm nei tribunali per i crimini fascisti. Chiese diverse condanne a morte, ovviamente con la medesima nel cuore, che furono quasi tutte eseguite. In seguito, si sentì sempre magistrato e soleva dire che indossava la toga anche di notte. Tuttavia, il giorno che i giudici si occuparono di lui per i fondi neri del Sisde - quando era già al Quirinale - cercò in ogni modo di sottrarsi al giudizio fino al celeberrimo «non ci sto» televisivo. Era il tempo di Mani Pulite e le toghe, cui l'appoggio di Scalfaro serviva per continuare il repulisti, lo graziarono. Imbrogliando le carte, ne archiviarono la posizione per prendersela invece con gli 007 che avevano rivelato i magheggi. Una prepotenza sfacciata che a un moralista come Oscar avrebbe dovuto ripugnare e che invece gli instillarono quel senso di impunità e la spocchia che lo hanno poi accompagnato fino all'ultimo giorno.

Il quale, ora che è venuto, ci lascia la nostalgia del dc sorridente che parlava con la Madonna e il rammarico di averlo visto affondare negli ultimi anni in un mare di odio.

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