Cronaca locale

Arrobbafumo la storia si fa povera

Valentina Fontana

Trasformare il dialetto calabrese in lingua di scena. Portare sul palco un episodio della nostra storia probabilmente dimentico. Francesco Suriano conclude la sua trilogia di Roccu con una nuova indagine sulla Calabria, partendo dal racconto di microcosmi per poi relazionarsi alla storia nazionale dello scorso secolo cogliendone tutte le implicazioni politiche, sociali e culturali. Dopo Roccu u storto e A cascia infernali arriva così l'Arrobbafumo, con Peppino Mazzotta al Teatro Arsenale fino al 7 maggio.
«La dignità e la coscienza di non morire invano durante la prima guerra mondiale in Roccu u stortu - sottolinea l'autore e regista Suriano -, l'emigrazione necessaria e costretta ne A cascia infernali e infine gli ideali delusi e irrealizzabili di un Paese che fa i conti con l'avvento del fascismo e il suo rifiuto, cercano di tradurre, in una memoria sempre più lontana, i perché dell'arretramento di una regione, la Calabria, che detiene il record di ultima nell'Europa occidentale».
Ecco allora che sullo sfondo della dittatura fascista rivive sul palco il fatto storico avvenuto a Palmi nel 1925 e passato alla cronaca come «i fatti della Varia».
Come tutte le ultime domeniche di agosto a Palmi si festeggia la Madonna della Lettera e, come tutti gli anni, il momento culminante dei festeggiamenti è rappresentato dalla processione della Varia, una grossa costruzione piramidale trasportata a spalla da più di 100 devoti, decorata con simboli pagani e cristiani, sulla cui cima viene posta una bambina, detta animella, immagine e testimonianza di purezza.
Ma proprio quell'anno, nel paesino calabrese in cui si percepisce ancora in forma attutita il fascismo, si creano due fronti contrapposti, portatori di cortocircuito: la maggior parte della cittadinanza, insieme alla sinistra e alla Chiesa, vuole che la banda musicale che accompagna la festa suoni, come sempre, la musica religiosa, mentre i fascisti vogliono che la banda esegua l'inno Giovinezza.
Così durante la festa si scatenano tumulti di piazza e muore Rocco, martire fascista. Dopo tre anni, si conclude a Roma il processo politico del Tribunale Speciale chiamato a giudicare 33 uomini accusati di attentato allo Stato fascista.
In scena la storia che ha segnato il Sud e percorre «involontariamente» punti nodali del nostro Paese, come la credenza religiosa, il fascismo, la sinistra, è raccontata su due piani: il piano ufficiale in lingua, composto dalle testimonianze e dagli interrogatori del processo; il piano ufficioso dell'Arrobbafumu che, nel suo dialetto grave e pungente scandisce, in una sorta di oratorio, i punti focali della storia, vissuti dalla cima della Varia.
«L'Arrobbafumu - conclude Suriano - è un personaggio che vive ai margini della microsocietà, in una povertà così estrema da poter rubare unicamente il fumo.

Da questo particolare punto di osservazione, scevro da qualsiasi condizionamento, l'Arrobbafumu testimonia il proprio stato sociale ma anche i comportamenti e il modo di vivere degli altri, altri da sé, i quali cercano più possibile di tenerla lontana, temendone il giudizio e il potere divinatorio».

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