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Arte, investimenti in crescita E l'Italia centra la top ten

Nel 2017 giro d'affari da 65 miliardi. Fiere del settore ancora più centrali, aumenta l'interesse dei «paperoni»

Corrado Giuffrè

Secondo il report di Ubs «The art market 2018» collezionisti e mercati, ma anche investitori lontani dai movimenti artistici, nel 2017, hanno ricominciato a spendere preferendo un quadro o una scultura in casa ad un lingotto in cassaforte per un giro d'affari stimato nel 2017, di circa 65 miliardi dollari. E se gli americani restano saldamente in testa per volumi e valori delle vendite, nella classifica dei Paesi con il maggiore numero di vendite c'è anche l'Italia che per volumi di opere d'arte si colloca nella top ten con un 2% del totale poco sotto svizzeri, spagnoli, francesi e al pari di compratori giapponesi, australiani e asiatici.

Le fiere poi, sempre secondo il rapporto, hanno un ruolo fondamentale nel mercato mondiale dell'arte e si stima che nel 2017 abbiano rappresentato il 46% delle vendite tramite intermediari. Lo ha capito la Fiera di Parma che dall'8 all'11 novembre ospiterà l'ultima edizione di Gotha con sessanta gallerie italiane ed internazionali, in circa 1.500 metri espositivi. D'altra parte, se è vero che il mondo dei dipinti e dell'antiquariato muove cifre da capogiro, è vero anche che il mondo dell'arte si sta facendo più «democratico»: a livello mondiale il 20% delle opere è stato battuto infatti tra i mille e 5mila dollari e gran parte delle transazioni va da 5mila a 50mila dollari (la fonte è sempre il rapporto di Ubs).

In un altro studio, l'Art & Finance Report 2017 di Deloitte e ArtTatic, si stima che il valore investito in arte e oggetti da collezione da parte dei super paperoni mondiali entro il 2026 ammonterà a ben 2.700 miliardi di dollari, contro i 1.600 miliardi del 2016. Per questo lo scorso anno le aste internazionali sono riuscite a richiamare un numero elevato di compratori e a ottenere ottimi ricavi. A trainare il settore sono stati i quadri, soprattutto quelli di altissimo livello: nel 2017 sono stati assegnati 752 capolavori di valore superiore ai 2 milioni di dollari, quasi il doppio di quelli venduti nel 2016 (quando ci si è fermati a quota 472 opere). I più gettonati sono stati i dipinti moderni e contemporanei, che sfiorano il 60% del mercato, contro il 5% dei dipinti antichi. Due collezionisti su tre dichiarano di comprare arte o oggetti da collezione per passione, ma con una particolare attenzione al valore dell'investimento. Quindi, anche se il fattore scatenante nell'acquisto di opere d'arte rimane principalmente emotivo e sociale, anche quello finanziario sta diventando sempre più importante. Gli stessi gestori patrimoniali affermano che i clienti chiedono sempre più servizi relativi agli investimenti in arte, diventata ormai un obiettivo strategico da includere nelle offerte standard. Sembra dunque che l'Art Wealth Management sia un settore destinato a svilupparsi nel lungo termine. Anche le banche diventano importanti mecenati: investono nella promozione dell'arte contemporanea e considerano la gestione imprenditoriale della cultura come una strategia vincente. Lo sa bene Intesa Sanpaolo che ha costituito un'unità specializzata nella gestione proattiva e nella valorizzazione delle oltre 20mila opere del patrimonio del gruppo. «C'è un'identità nazionale fondata su valori e non su argomenti fittizi.

Cercare, attraverso una mostra, di contribuire a una coscienza e a una identità nazionale credo possa aiutare l'Italia in questi frangenti a ritrovare la sua anima, a ritrovare se stessa», ha sottolineato Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa, lo scorso 25 ottobre a Milano in occasione dell'apertura alle Galleria d'Italia della mostra sul romanticismo, dedicata al contributo italiano all'arte di un'epoca di crisi culturale e politica.

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