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Assange messo al bando: ricercato in 188 paesi

Il guru del sito Wikileaks braccato dall'Interpol. Nei suoi confronti un mandato di cattura internazionale, è accusato di "stupro ed aggressione sessuale" per fatti avvenuti in Svezia l'anno scorso. Frattini: "Deve essere interrogato". E ora Assange punta alle banche

Assange messo al bando: ricercato in 188 paesi

Lione - Questa volta per Julien Assange, il guru del sito Wikileaks, sono guai. A tre giorni dalla diffusione delle mail riservate della diplomazia Usa, l'Interpol ha annunciato di aver emesso un mandato d'arresto internazionale nei suoi confronti. Assange è ricercato dalla Svezia nel quadro di un'inchiesta per "stupro ed aggressione sessuale". L'Interpol ha reso noto di aver emesso un "avviso rosso" (red notice, mandato di cattura internazionale) per Assange. La notizia è stata anche confermata alla France Presse da un portavoce dell'organizzazione internazionale di polizia.

"Ragionevoli sospetti di stupro" La "richiesta di arresto ai fini dell'estradizione" era stata ricevuta il 20 novembre, inviata dalla Svezia. Gli 'avvisi rossi' vanno ai 188 paesi che aderiscono all'Interpol, tra cui la Gran Bretagna, dove si ritiene risieda il 39enne australiano. Il 18 novembre, la giustizia svedese aveva emesso un mandato di cattura per Assange, che voleva interrogare, "sulla base di ragionevoli sospetti di stupro, aggressione sessuale e coercizione".

La dinamica dei fatti I fatti contestati risalirebbero allo scorso agosto. Assange aveva fatto ricorso, ma il mandato era stato confermato da una corte d'appello. Oggi i suoi legali avevano portato l'appello alla Corte suprema di Stoccolma. L'indagine nasce da due incontri avuto con altrettante donne durante la sua visita in agosto in Svezia, dove l'ex avvocato aveva intenzione di far richiesta di residenza, con l'obiettivo di avere la tutela delle leggi svedesi sulla libertà di stampa per il suo sito Wikileaks. Secondo informazioni emerse in Svezia, le donne avrebbero raccontato che gli incontri sessuali, iniziati come consensuali, si erano trasformati in violenza. Assange ha respinto le accuse, lasciando intendere che le denunce sono il risultato di una campagna di fango orchestrata dagli Usa contro Wikileaks.

Casa Bianca: "La Clinton non ha mai dato l'ordine di spiare" Il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs ha affermato che il segretario di stato Usa Hillaruy Clinton non ha mai dato l’ordine ad alcun diplomatico americano di "spiare". "Il segretario di Stato Clinton sta facendo un grande lavoro. Il presidente ha grande fiducia in lei e ammira quanto il segretario Clinton ha fatto". Secondo quanto si legge nei ’cablì segreti diffusi dal sito di Julian Assange, dalla segreteria di stato americana, prima con Condoleezza Rice quindi con Hillary Clinton, sarebbe stato richiesto a vari diplomatici di raccoglire informazioni sensibili - dati biometrici, carte di credito, indirizzi e password e-mail, ecc. Ecc. - di diverse figure politiche, in particolare dei funzionari e dei dirigenti dell’Onu. 

Assange: "La Clinton dovrebbe dimettersi" Hillary Clinton "dovrebbe dimettersi, se può essere dimostrato che è stata lei a ordinare ai diplomatici Usa di spiare le Nazioni Unite, in violazione delle convenzioni internazionali sottoscritte dagli Stati Uniti". È quanto sostiene il fondatore del sito internet Wikileaks, Julian Assange, in un’intervista rilasciata alla rivista Time. Assange conferma quindi la prossima diffusione di documenti riguardanti le banche, come annunciato alla rivista Forbes: "Si tratta di 10.000 documenti sulle banche".  

Frattini: "Venga catturato e interrogato" Il mandato di cattura internazionale spiccato "è la cosa giusta" da fare. Lo ha detto da Dubai il ministro degli Esteri, Franco Frattini, il quale auspicato che il fondatore di Wikileaks "venga catturato presto e che venga interrogato". Il titolare della Farnesina, che ieri ha incontrato il suo collega australiano, Kevin Rudd, ha rivelato che entrambi concordano "sulla gravità del crimine commesso da Assange e sulla necessità che venga catturato e interrogato». Frattini ha chiarito che in ogni caso da parte di Canberra «non c’è alcun imbarazzo.

Se una persona che ha la nazionalità di un certo Paese (commette un crimine) non c’è alcun problema se questo Paese collabora". 

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