Roma

Il balletto di McGregor? Questione di numeri

Il coreografo inglese Wayne McGregor, per dare ulteriore impulso al suo lavoro di ricerca basato su possibili relazioni tra le teorie cognitiviste e i sofisticati meccanismi di funzionamento della mente umana, si è chiesto: «possiamo usare il corpo per capire chi siamo?» La risposta è contenuta in Entity, il nuovo balletto della Random Dance Company, compagnia nata nel ’92 e residente al Sandler's Wells di Londra famosa per lo studio del rapporto tra danza e tecnologia, che sarà presentato domani all’Auditorium Conciliazione nell’ambito della rassegna «Tersicore - Nuovi spazi per la danza». Sul palcoscenico romano, la compagnia guidata dal colto e spregiudicato coreografo britannico trentanovenne, autore negli ultimi tre lustri di creazioni davvero fuori dall’ordinario, proporrà una danza visionaria e iper realistica molto fisica, che seppure appare frutto di un lavoro di improvvisazione, scaturisce da una sofisticata meditazione, da un lavoro parcellizzato e organizzato nello spazio in maniera geometrica ed enfatizzato dalle musiche elettrizzanti di Jon Hopkins e Joby Talbot. In Entity, pezzo che fa parte di un progetto di più ampio respiro (Entity research project), McGregor ha infatti ottenuto il supporto di un gruppo di scienziati cognitivisti per investigare l’intelligenza cinestetica e capire in che modo il cervello ha impatto sul gesto danzato. Ovvero quali sono i processi geometrici, matematici e temporali che intervengono durante l’atto creativo di un balletto. Sollecitato sia dall'arte che dalla scienza, il coreografo residente del Royal Ballet - il primo e unico a provenire dal mondo della danza contemporanea - in questi anni ha sempre lavorato nel solco della sperimentazione. Nel suo balletto Sulphur i danzatori si muovevano sulla scena circondati da figure create al computer; in Nemesis la danza era invece influenzata dal comportamento del mondo animale, in particolare degli insetti. Domani toccherà a Entity una performance frenetica e adrenalinica, alimentata da una gestualità sincopata e a tratti violenta.

Con danzatori ibridi, metà esseri umani metà cyborg, capaci di abbattere la gabbia del visivo abitudinario anche grazie all’interazione della preziosa scenografia di pannelli semoventi.

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