Controcultura

Bastiat insegna: libero uomo in libero scambio

Bastiat insegna: libero uomo in libero scambio

Oggi c'è un grande tema liberale che la saggistica e il pensiero liberale sta drammaticamente sottovalutando: la libertà dei commerci. L'accordo transatlantico, che avrebbe dato vigore agli scambi tra Europa e America, è praticamente saltato. La commissione europea ha multato uno dei suoi Paesi e indirettamente la Apple per aiuti di Stato, ricevuti in forma di riduzione fiscale. Le conseguenze riguardano non solo la grande azienda, ma anche il suo Paese di origine. Ciò che potrebbe essere costretta a pagare in Europa, è imponibile sottratto agli States. Dall'altra parte, è notizia delle ultime ore, l'organizzazione mondiale del commercio ha intimato ad Airbus di restituire miliardi di euro che sarebbero stati ricevuti negli ultimi anni dagli Stati europei, danneggiando il grande competitor americano. Sul settore finanziario è battaglia sulle multe che reciprocamente le autorità finanziarie elevano a banche da una e dall'altra parte dell'Atlantico.

Mai come nei prossimi anni si rischia di chiudere il mondo, di condannare, senza ragionare, i frutti positivi, che ci sono, della libertà degli scambi. Bastiat, pubblicato da Liberilibri, ci ammoniva: dove non passano le merci, passano le armi. La chiusura dei commerci ha due aspetti che oggi, con i nuovi assetti del mondo, totalmente diversi dai blocchi novecenteschi, converrebbe affrontare: quello delle conseguenze pratiche-economiche delle chiusure e quello delle conseguenze politiche. Bastiat aveva colto nel segno: la libertà dei commerci è anche libertà dalle guerre. E non il contrario, come il materialismo marxiano e la sua storiografia hanno cercato di convincerci.

Luigi Einaudi è forse l'economista che più lucidamente ci ha spiegato gli effetti positivi per la collettività del liberoscambismo. «Gli industriali italiani in grandissima maggioranza non producono oggetti semi-lavorati, di massa; ma oggetti finiti, in cui il costo delle materie prime ha poca importanza in confronto al costo del lavoro. Per essi non c'è dazio che valga a proteggerli contro la concorrenza estera. Per essi il massimo interesse è di avere il ferro, l'acciaio, i filati e le altre materie semi-lavorate al minimo prezzo. Il loro ingegno, l'abilità progressiva delle loro maestranze farà il resto. Ché se manca l'ingegno, l'abilità, l'industriosità, nessun rimedio artificioso serve». Lo scriveva nel 1919 con il titolo Tracotanze protezionistiche.

Discorso che vale anche oggi e non solo per l'Italia.

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