La battaglia sulle moschee che divide anche la sinistra

Milano Brillerà presto un minareto nella città della Madonnina? Il centrosinistra, almeno a parole, vuole la moschea a Milano. Il candidato Beppe Sala ha dichiarato che, se fosse per lui, il problema del luogo di culto invocato dai musulmani sarebbe risolto «velocemente». Ancora non è dato sapere se l'aspirante sindaco del Pd porterebbe avanti il piano che il Comune ha concepito dal 2011 e poi maldestramente congelato a poche settimane dal voto. Il bando comunale ha individuato tre aree, due destinate a moschea, una a chiesa evangelica. L'assegnazione ai vincitori, però, non c'è mai stata. Un po' per le norme regionali che impongono una variante agli strumenti urbanistici comunali, un po' per la guerra di ricorsi delle varie sigle islamiche. Ma hanno pesato anche le incertezze interne alla sinistra. La possibilità che una o due moschee finiscano in mano al discusso Coordinamento dei centri islamici (il Caim) è vista con preoccupazione. Non da fantomatici «islamofobi» ma da esponenti della comunità ebraica e dello stesso centrosinistra. Il Pd, intanto, si è infilato in un pasticcio: ha candidato la responsabile cultura del Caim, Sumaya Abdel Qader (che su Israele e Brigata ebraica ha pasticciato tanto da essere rimproverata da un dirigente come Lele Fiano) e ha schierato anche la sua naturale rivale, la italo somala Maryan Ismail, che vuole un islam laico e moderno.

E il centrodestra? Lega e Fdi sono contrarissime alla moschea. E Forza Italia oggi non è da meno. La sinistra ha provato a enfatizzare una presunta spaccatura fra la disponibilità di Stefano Parisi e le barricate del leghista Matteo Salvini. In realtà il candidato sindaco, che pure si dichiara teoricamente favorevole a una moschea, chiede chiaramente garanzie e paletti, fra le quali una legge nazionale. E condizioni tanto numerose e profonde si traducono in un «no».

AlGia

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