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«Benitez, maniaco del calcio persino in viaggio di nozze»

Lo stratega del Liverpool spiegato dal suo assistente italiano «Il segreto per battere il Milan? Una squadra equa e solidale»

nostro inviato a Liverpool

«Lui non parte dal gol per giudicare un attaccante». La bestemmia del bar sport è il dogma di Rafa Benitez, l’uomo che vuole riportare la coppa dei Campioni nella cripta di Anfield. Con il Liverpool ha firmato per 5 anni: dei Reds, come usa in Inghilterra, è il manager. Fa la formazione e il mercato, gli danno un budget e decide come spenderlo. Ha il suo staff, dai tempi del Valencia è in simbiosi con Eduardo Macia, ex ds degli spagnoli, ma da quando è arrivato sulla riva della Mersey ha «sposato» anche un italiano: Mauro Pederzoli, ex ds di Brescia e Cagliari, ora sotto contratto con il Liverpool. Lui e Macia sono i quattro occhi di Benitez in giro per il mondo. Pederzoli conobbe Rafa una quindicina di anni fa, «vivevo in Spagna e avevo fatto da intermediario con l’Albacete per l’ingaggio di Maifredi. Ci presentarono amici comuni e lui mi chiese di diventare la sua finestra sul calcio italiano». Praticamente non si sono più lasciati, «un giorno sarebbe bello lavorare insieme» gli diceva Rafa. Ecco, Liverpool.
Nei ricordi di Pederzoli affiora il giovane Benitez, quello che a metà degli anni Novanta riuscì a portare l’Extremadura nella Liga (che è come dire il Seregno o il Marino in serie A): «Il primo Benitez è molto simile all’ultimo. Continua a pensare al calcio 24 ore su 24»
Il pallone come rosario laico. Allenatore monacale e anche un po’ maniacale, quando la mania diventa il tramite per il lavoro. Vi viene in mente Arrigo Sacchi? Bingo. «Il più grande allenatore dell’era moderna»: è l’eterno tributo di Benitez all’ex ct azzurro. Racconta Pederzoli: «Rafa veniva spessissimo in Italia per incontrarlo, ne studiava i metodi, chiedeva. I punti di contatto? La cura dei particolari di una partita, il lavoro esasperato sulle palle inattive e il criterio di scelta dei giocatori».
Regole semplici ma scolpite che Benitez impartisce ai suoi collaboratori. Benitez non vuole divi, ma disciplina, evita nani e ballerine, ma cerca gente «equa e solidale». Dice Pederzoli: «Mettete insieme queste qualità e avrete il Liverpool. Che ha vinto la coppa disciplina, nessun espulso in tutto il campionato, e che si va a giocare la Champions».
Dei Reds hanno scelto insieme gli acquisti di Agger, Kuyt e Mascherano («stava fallendo col West Ham, ma ci abbiamo creduto perché l’avevamo seguito molto tempo prima in Sudamerica»). E Agger, l’autore del gol contro il Chelsea in semifinale? «L’obbiettivo era prepararci a sostituire Carragher e Hyyppia. Agger, che giocava nel Broendby, era in un pacchetto di nomi. Benitez me l’ha fatto seguire per un anno intero: anche in allenamento. Con lui tenevamo d’occhio anche Bonera. Ma a Rafa i difensori piccoli non piacciono. Parlammo di Cordoba un giorno, mi chiese l’altezza dell’interista cui sommò l’elevazione. Il conto faceva 2 metri e 35. “Vedi – mi disse – basta che Crouch salti trenta centimetri e Cordoba la palla non la vede più...”».
Kuyt invece «incarna i valori di Benitez, è il tipo di punta che preferisce, utile quando hai la palla, utilissimo quando non ce l’hai». Già, quella storia del gol e dell’attaccante. Il credo dell’uomo che quando la Kop gli rimproverò di aver ispanizzato il Liverpool cominciò a mischiare le carte. Se li ricorda quei giorni Pederzoli: «Non ha mai vacillato. Perché ha un livello di autostima esagerato che lo sorregge sempre. Ha dentro il fuoco Rafa. Lui in Italia? Qui sta benissimo, e poi vuole vincere la Premier». Dopo Milan-Manchester non ha fatto una piega («“Sono arrivati in forma al momento giusto”, mi ha detto»), continua a segnare nomi sull’agenda (per dire, c’è anche quello di Iaquinta) e a ruminare calcio. Accadde anche in viaggio di nozze: «Era a Firenze con la moglie Montserrat e io gli parlai di Adriano Bacconi, il primo in Italia ad applicare l’informatica al calcio. Rafa mi chiese di farglielo conoscere. Finì per passare un giorno intero sul computer con la moglie che lo aspettava...».

No, non sono proprio cose da bar sport.

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