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Berlusconi: «Torneremo grandi come in passato»

da Milano

«Il bel calcio in sé non basta, bisogna finalizzare. Piuttosto che creare venti occasioni da gol e non segnare preferisco costruirne due o tre ma vincere». Luciano Spalletti si scopre filosofo di scuola lapalissiana ma la sua Roma al Meazza si veste d'oro - quarta vittoria su cinque trasferte, 2 punti recuperati sull'Inter - e il messaggio al campionato è chiaro. Malgrado l'assenza di Francesco Totti, che ieri si è allenato in palestra ma avverte ancora dolore alla caviglia (e mercoledì c'è il derby), la Lupa sa essere concreta, non solo piacevole. «Siamo stati più attenti alla compattezza di squadra, non ci siamo lasciati trascinare dalla voglia di andare troppe volte dall'altra parte del campo. E così abbiamo vinto una gara equilibrata, in cui Kakà, Seedorf e Gilardino ci hanno messo in difficoltà: dal gol di Vucinic in poi, il pallino lo ha tenuto il Milan. Ma noi siamo cresciuti nel carattere. Cicinho migliore in campo? È stato all'altezza delle sue doti». È così contento, Spalletti, che la lezione di praticità viene accantonata se si parla del «cucchiaio» con cui De Rossi ha fallito il penalty dello 0-2 e offerto al Diavolo la possibilità di pareggiare. «Battere così dagli 11 metri, in questo tipo di partita, è sintomo di personalità. La stessa della squadra. Il rigore? Difficile capire la consistenza della trattenuta di Ambrosini: non sembra forte ma attaccarsi alla maglia è inutile». Come, naturalmente, è poco consigliato tirare il penalty del ko «alla Totti» ma anche De Rossi, l'interessato, respinge la critica.

«Il “cucchiaio” è un buon modo per battere perché il portiere non se lo aspetta e si butta».

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