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La Camera difende la paga degli onorevoli in carcere

La Boldrini boccia la richiesta M5S: "Serve una legge"

La Camera difende la paga degli onorevoli in carcere

Roma Francantonio Genovese, l'ex sindaco di Messina e deputato Pd ora agli arresti domiciliari, potrà tranquillamente continuare a percepire la sua indennità mensile dalla Camera, pari a 4.750 euro (10.435 euro lordi). L'Ufficio di Presidenza di Montecitorio, guidato da Laura Boldrini, ha bocciato la proposta grillina di sospendere lo stipendio agli eletti in stato di arresto. Le indennità, infatti, sono la parte della retribuzione connessa allo status di deputato, mentre le altre parti accessorie, come la diaria, sono corrisposte solo a chi è presente ai lavori, circostanza impossibile per un detenuto.
I questori della Camera (Fontanelli del Pd, Dambruoso di Sc e Fontana di Fi) hanno motivato il parere negativo sostenendo che il tema necessiti di «un'iniziativa legislativa» e non di una semplice decisione autonoma dell'organismo di Montecitorio né con una modifica del regolamento. Per bloccare le indennità a chi è in arresto oppure è incompatibile a causa di una condanna (come prevede la legge Severino) serve una legge e solo una legge. Questa valutazione ha convinto tutti i partecipanti (inclusi Sel, Lega, Pi e minoranze linguistiche) a respingere la richiesta. Gli unici voti a favore sono stati quelli dei tre componenti grillini (Di Maio, Fraccaro e Mannino) mentre Edmondo Cirielli di Fratelli d'Italia si è astenuto.
«Ma se Genovese è ai domiciliari, i cittadini che lo pagano a fare?», si è chiesto ironicamente su Facebook, il vicepresidente grillino della Camera, Luigi Di Maio. Che, esagerando con il populismo, ha rincarato la dose: «I cittadini italiani stanno pagando lo stipendio a tutti i politici arrestati. Chiedo agli elettori di Pd, Forza Italia, eccetera cosa ne pensano. I partiti oggi hanno dato un pessimo esempio al Paese. Gli stessi partiti che si riempiono la bocca con la “lotta alla corruzione”».
Il ragionamento grillino non è campato per aria anche se vi potrebbero essere casi particolari. Se il prossimo 15 luglio l'Aula della Camera autorizzasse l'arresto di Giancarlo Galan che professa la propria innocenza relativamente all'inchiesta sul Mose e se la tagliola grillina fosse stata in azione, l'ex ministro avrebbe anche rischiato di perdere l'indennità. Ecco perché l'enfasi di Luigi Di Maio, parlamentare tra i più preparati e mediaticamente «spendibili» nella sgangherata pattuglia che risponde ai diktat di Grillo e Casaleggio, genera qualche sospetto.

Forse l'iniziativa è stata anche un atto di fedeltà ai principi-guida del Movimento che iniziava a sospettare della disponibilità di Di Maio al dialogo sulle riforme con Pd e Fi.

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