Politica

Bond alla milanese

Milano, Italia; anzi: Milano, Europa. La notizia è il grande successo dei Milano bond, la maggior emissione obbligazionaria internazionale di quasi 1 miliardo e 685 milioni di euro mai effettuata da un nostro ente locale sul mercato degli «eurobond», lanciata venerdì scorso a Londra.
Premetto subito che non avrei mai pensato di scrivere di cose che in qualche modo mi coinvolgono come pubblico amministratore (assessore al Bilancio e alle Privatizzazioni del Comune di Milano nella Giunta del Sindaco Albertini). Ma qui c'è una notizia importante che interessa i lettori e riguarda non soltanto Milano e le sue prospettive di lungo periodo, ma indubbiamente anche quelle dell'Italia.
Gli italiani avvertono la necessità di guardare con sicurezza al futuro. Hanno bisogno di fiducia nelle loro capacità di progettare l'avvenire, nella possibilità di farlo in un quadro chiaro di orizzonti istituzionali, politici, sociali ed economici ben precisi. La fiducia della quale abbiamo bisogno è, innanzitutto, in noi stessi. Ma quella degli altri aiuta. Dovrebbe rinvigorire e moltiplicare la nostra, che qualche volta vacilla e, non di rado, si fa di tutto per far vacillare.
Qui non si tratta di fiducia retorica che non costa nulla, come «un sigaro o una croce di cavaliere» che già Cavour non avrebbe negato a nessuno. No, questa è la fiducia concreta dei mercati, cioè di gente che sa fare anche troppo bene i conti, non fa beneficenza, non è particolarmente sensibile all'«afflato sociale» (sarebbe grave se lo fosse), ci mette i soldi di investitori a lungo termine per l'imponente cifra sopra indicata e sa valutare professionalmente i rischi di un prestito trentennale, dal 2005 al 2035. Ebbene, la domanda degli investitori istituzionali di tutta Europa per questa emissione è stata pari a circa 4,4 miliardi di euro, cioè 3 (tre) volte l'offerta. E questo alle migliori condizioni possibili: vale a dire ad un tasso lordo del 4,019 per cento, pari al rendimento del BTP a 30 anni più lo 0,03 per cento (3 punti meno del limite massimo dello 0,06 deliberato dal Consiglio comunale milanese). L'offerta, coordinata da quattro banche di livello mondiale, ha dovuto così essere ripartita fra ben 30 istituti di alta qualità (banche, compagnie di assicurazione, fondi), per due terzi esteri e un terzo italiani: tutti quelli che avevano accettato tali condizioni e che, appunto, avevano richiesto addirittura il triplo delle obbligazioni disponibili. La convenienza economica dell'operazione comporta un risparmio di risorse pubbliche (aggiuntive per i cittadini) di oltre 100 milioni fin da quest'anno, 168 nel triennio 2005-2007 e più di 50 nell'arco del trentennio.
Il prestito non è per fare nuovi debiti (lo stock del debito della città di Milano a fine 2004 era di circa 3,3 miliardi di euro), bensì per estinguere in parte quelli in essere, rifinanziandoli a migliori condizioni con i Milano bond, e in parte per rinegoziarli, sempre a migliori condizioni. Insomma, il Comune ha fatto quello che farebbe qualsiasi buon padre di famiglia, il bonus paterfamilias del diritto romano, ciò che però è costato qualche travaglio politico. D'altra parte, niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il programma politico del Sindaco Albertini e i risultati del governo della città; senza l'orientamento preciso della maggioranza di centro-destra sulla gestione del bilancio, sull'enorme rincorsa degli investimenti strutturali, dopo i ritardi dei decenni precedenti, per rinnovare e rilanciare la metropoli lombarda che hanno cambiato e stanno cambiando il volto di Milano, sull'efficienza e la privatizzazione delle società partecipate; senza i contorni ormai visibili di una forte modernizzazione in tutti i campi dove si giocano le sfide della competitività non soltanto milanese, ma italiana. In breve, senza l'ottimo rating (merito di credito) del Comune di Milano anche nella sua proiezione futura dalle basi poste fin qui.
Gli investitori ne sono stati attratti e convinti al di là di ogni attesa. Il messaggio di fiducia, a trent'anni, è però ancora più chiaro. Esso non riguarda soltanto l'immagine internazionale della metropoli lombarda, la dinamicità dell'economia milanese, la città di Milano nel contesto sinergico di un'area metropolitana e di una Regione Lombardia ai primissimi posti in Europa. Riguarda l'Italia e la continuità del cambiamento nella stabilità, specialmente in una fase congiunturale difficile e in un quadro internazionale apparentemente dominato dallo scetticismo. Certo, il comportamento virtuoso (e la politica) dell'amministrazione pubblica, la solidità dei bilanci, le cose fatte, i progetti innovativi restano fondamentali a tutti i livelli. Ma questa prima emissione obbligazionaria del Comune di Milano, una di maggior successo internazionale degli ultimi anni, è anche una squilla per il nostro futuro nazionale.
È un segnale oggettivo contro lo scetticismo e per la «nostra» fiducia, sullo spartiacque fra chi può garantirla e chi, invece, potrebbe rovinosamente dissolverla
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