Stile

Le borse delle madri che piacciono alle figlie

Dal modello del 1986 fatto su disegno originale del futurista Balla a Lady Butterfly. E oggi la linea uomo

Lucia Serlenga

Si chiamano «Luna bag» e «Sexy bag», due delle borse iconiche firmate Borbonese, il brand che nel 2010 ha festeggiato i suoi primi cento anni e sono realizzate nel mitico O.P. (occhio di pernice ottenuto con un particolare trattamento della pelle di agnello a effetto micro maculato) una sorta di logo no logo ancora oggi simbolo della maison. Dalle mamme alle figlie, questa griffe ha la capacità di essere contemporanea attraverso una proposta di alta qualità e di forte appeal. Infatti, fu negli anni Settanta, con il sodalizio fra Borbonese e l'azienda Redwall di Bologna, che fu inventata la celebre texture applicata non solo nelle prime borse leggere e destrutturate per quel periodo, ma anche nell'abbigliamento e in quel lifestyle globale che oggi, abbracciando anche il design, si chiama global living. Dell'universo Borbonese hanno fatto anche storia una linea di prêt-à-porter e tante collaborazioni artistiche: è del 1986 la borsa realizzata su disegno originale di Giacomo Balla, uno dei massimi esponenti del Futurismo. Le creazioni divenute materia vivente di un magnifico archivio si arricchiscono successivamente di altri modelli come la «London bag» e la «Lady Butterfly» disegnate dal direttore creativo Francesca Mambrini. Nel 2013 entra in azienda un manager che alle nuove sfide lega il suo savoir faire e la sua esperienza maturata nel comparto accessori della Giorgio Armani. Si chiama Giuseppe Di Nuccio e ricopre le cariche di presidente e amministratore delegato della maison che concentra la sua produzione nello stabilimento di Pianoro a Bologna - un centinaio di dipendenti - ma si è dotata anche di un'elegante showroom nel quadrilatero della moda a Milano. Stilato un consistente piano di ristrutturazione da parte degli azionisti, si è puntato su rilancio e internazionalizzazione. I primi risultati si sono visti con i dati positivi del 2016: 32 milioni di euro di fatturato a un obbiettivo a 40 a fine 2017. Lo step successivo è raggiungere i 50 e poi i 100 entro il 2020. Insomma crescere perché le scelte iniziali sono state coraggiose: anziché ridurre il personale, sono stati assunti circa 30 professionisti di alto livello. «Ho accettato questa sfida a 48 anni, dopo la grande esperienza con re Giorgio, ho guardato il conto economico con criterio ma ho posizionato anche il prodotto, tutto fatto in Italia, come visione strategica dell'azienda» precisa Di Nuccio. Azienda che oggi viene considerata vigorosa e dotata di una struttura creativa capace di parlare un nuovo linguaggio di stile. Fra i progetti caldi c'è il potenziamento della linea uomo e quello delle calzature, un settore dove contano oltre al modello e l'appeal anche il fitting. «Sono per una crescita sana del business, critico per migliorare e fare passi avanti, tutti in Borbonese siamo maniaci nella ricerca della bellezza» sottolinea Di Nuccio convinto che un buon leader non debba comandare ma essere persuasivo. Del resto, alla nostra domanda su quale sia stata la lezione più importante appresa da re Giorgio, risponde: «Mi ha insegnato che si possono avere tremila squali intorno ma guadagnarsi il rispetto di tutti». Progetti futuri? Sviluppare la rete dei 26 monomarca già esistenti - prevista l'apertura di Parigi verso la fine del 2018 - consolidare un mercato importante come il Giappone e conquistarne di nuovi, presentare a settembre una collezione donna che rappresenti il top del valore del marchio.

Insomma, l'occhio di pernice scommette sul futuro e scrive un nuovo, affascinante, story telling.

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