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Bossi insiste: "Al Quirinale con Berlusconi" E il Pdl torna in piazza a Milano il 3 ottobre

Nota durissima dopo il vertice di Arcore: "Dal presidente della Camera discorso inaccettabile. E' ostile alla maggioranza e al governo. Lasci la presidenza". Il premier e il leader della Lega chiederanno un incontro a Napolitano. Bocchino: "Incostituzionale". Domani ufficio di presidenza del Pdl. La Perina: Secolo non più del Pdl

Bossi insiste: "Al Quirinale con Berlusconi" 
E il Pdl torna in piazza a Milano il 3 ottobre

Roma - Dopo la strategia messa a punto con la Lega Silvio Berlusconi studia una exit strategy per non farsi logorare dai finiani stretto tra le pressioni della Lega che punta dritto sulle elezioni anticipate ed alcuni dubbi emersi nel Pdl oggi sulle soluzioni da adottare per raggiungere l’obiettivo. Ma il Cavaliere intende salire al più preso al Colle per parlare con Giorgio Napolitano. Un colloquio con il presidente della Repubblica per illustrare la gravità della situazione alla luce dell’intervento di Gianfranco Fini domenica a Mirabello. Un intervento che non ha fatto altro che aggravare una situazione ritenuta dal premier ormai insostenibile da tempo.

Il vertice del Pdl Nel lungo vertice del Popolo della libertà, con i capigruppo, i coordinatori, i ministri Frattini, Matteoli e Vito, ed i sottosegretari Letta e Bonaiuti, si sarebbe discusso proprio di questo, facendo riferimento anche al documento uscito stanotte dopo il vertice con la Lega ad Arcore. Nel corso della riunione qualcuno dei presenti avrebbe comunque invitato il Cavaliere a riflettere sulla opportunità di recarsi al Quirinale senza un fatto concreto che certifichi che la maggioranza non c’è più. Il premier, a quanto riferiscono diversi partecipanti, avrebbe però ricordato la forte pressione di Umberto Bossi per andare alle elezioni il prima possibile. E, alla resa dei conti, avrebbe aggiunto, le elezioni resterebbero comunque l’unica strada praticabile anche per il Pdl di fronte all’impossibilità di governare.

Le dimissioni di Fini da Montecitorio Il convitato di pietra della riunione è stato Gianfranco Fini. Lo stato maggiore del Pdl, riferisce più di un presente, ha ben presente che non è possibile tecnicamente chiedere le dimissioni del presidente della Camera, certo è che se il Parlamento restasse in stallo o in una situazione di ingovernabilità, si ragiona, proprio Fini dovrebbe prenderne atto e fare un passo indietro. La linea del partito sarà tracciata domani sera nel corso della riunione dell’ufficio di presidenza, un incontro in cui si farà anche il punto sul ruolo dei finiani all’interno del Pdl. Non è escluso che si parli anche del capitolo Giustizia. Il premier nei giorni scorsi aveva annunciato che nei cinque punti da sottoporre alla fiducia della maggioranza non si sarebbe fatto accenno al processo breve, ma sembra il tema resti sempre di stretta attualità. Ed è per questo che lo stesso Cavaliere avrebbe fatto il punto con i fedelissimi sulla possibilità di cercare convergenze parlamentari anche su questo argomento. Come su altre misure, come il lodo Alfano costituzionale.

Il Pdl in piazza il 6 ottobre Una grande manifestazione di piazza a Milano, il 6 ottobre, per parlare ai cittadini, spiegare i cinque punti su cui si misurerà la maggioranza e spiegare "le cose fatte dal governo fino a qui". Sarebbe questa una delle decisioni prese questo pomeriggio a palazzo Grazioli durante il vertice del Pdl con Silvio Berlusconi. Secondo quanto si è appreso il premier, in occasione della festa del Pdl che si terrà appunto il 3 ottobre nel capoluogo lombardo, interverrà personalmente e terrà un comizio. 

Bossi conferma la via del voto "Meglio andare subito al voto, prima si fa meglio è. Anche a novembre. Stare nel pantano non sta bene. In questi giorni sapremo cosa fare dopo aver incontrato il presidente Napolitano". Certo, per la Lega gli spazi ormai sono ridotti al lumicino, se non addirittura azzerati. "Alla fine - aggiunge infatti il Senatùr - bisognerà andare alle elezioni. Fini si è tirato fuori dal partito di maggioranza. C'é la Lega, ma quando non ci sono i numeri cosa dobbiamo fare?". Il Carroccio, dunque, sembra determinato: o le cose si chiariscono in fretta o si va al voto. Quando? Anche prima della fine dell'anno, dice Bossi, visto che esiste "la possibilità tecnica di andare alle urne prima di Natale", anche se "è un po' più complesso". 

Bocchino dice no Le dimissioni di Fini non ci saranno. Il comunicato diffuso da Berlusconi e Bossi ieri sera al termine del vertice di Arcore, secondo Italo Bocchino, capogruppo di Fli a Montecitorio, è "una non-risposta alle questioni politiche che Fini ha avanzato. Per non rispondere c’è un’aggressione che viola il principio costituzionale della separazione dei poteri. Berlusconi si lamenta che il potere giudiziario sconfina nel potere esecutivo, ma poi lui fa sconfinare il suo potere esecutivo in quello legislativo". Le dimissioni vengono chieste "per intimorire Fini, ma non ci saranno. La sfiducia del presidente della Camera non è prevista, in questo modo si apre solo un conflitto istituzionale". Anche Carmelo Briguglio esclud "una sfiducia a Fini in Parlamento" perché "non prevista dalla Costituzione". "Aspettiamo gli sviluppi - spiega l'esponente del Fli - ma escludiano dimissioni del Presidente della Camera".

Pisanu: "Prassi incostituzionale" Secondo il presidente della comissione Antimafia, Giuseppe Pisanu, "l’intenzione del premier e Bossi di andare al Colle per chiedere le dimissioni del Presidente della Camera Gianfranco Fini non è prassi costituzionale, non si vedono nè infrazioni costituzionali nè di tipo regolamentare che possano motivare la richiesta di dimissioni". "Le posizioni di Fini - afferma Pisanu - sono criticabili e censurabili come si vuole ma sul resto è meglio andare con cautela ma sono convinto che Berlusconi e Bossi conoscano bene i limiti costituzionali della vicenda e Napolitano li rispetterà con il consueto scrupolo".

Bersani: "Voto? Nè impreparati né preoccupati" Il partito democratico sarebbe pronto in caso di un eventuale voto anticipato, ma deve essere chiaro che la 'colpa' di una precipitazione degli eventi sarebbe del presidente del Consiglio. Lo ha spiegato Pierluigi Bersani a margine di un convegno del Pd replicando, in particolare, a chi gli chiedeva dell’ultima sollecitazione di Nichi Vendola sulle primarie.

"Prima di tutto, se si arriva alle elezioni deve essere chiaro che è Berlusconi che ci porta lì, che le elezioni anticipate hanno un padre e una madre - ha spiegato il segretario del Pd - e poi capita, noi non siamo impreparati ma neanche preoccupati". 

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