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Il Brasile alle urne con l'ombra di Lula. Che resta una star anche se è in galera

Viaggio tra la gente del Pernambuco che tifa ancora per l'ex presidente carcerato: "Ha rubato ma ha fatto qualcosa per noi". Con 10 euro, però, si può comprare un voto

Il Brasile alle urne con l'ombra di Lula. Che resta una star anche se è in galera

Da Tamandarè (Brasile) «Qui non ci si cura dei cristiani, che vuole che importi dei cani». Tamandaré, 20mila abitanti sparsi su 190 chilometri quadrati di coste del Pernambuco, la regione di Luis Inácio Lula da Silva, solo che siamo sul mare, non nell'interior di Guaranhuns/Caetés, dove nacque 72 anni fa l'ex presidente che ancora oggi, seppur dal carcere, dà ancora le carte nei giochi della politica che conta in terra brasiliana. La risposta a Maria, turista italiana cinofila, arriva dalla Polizia locale, da lei fermata perché poco prima una cagnetta era stata investita da un'auto, nella via principale di questo paradiso balneare con tre barriere coralline e 17 chilometri di spiagge dorate tra cui la Praia dos Carneiros, considerata tra le più belle del Brasile e meta di migliaia di turisti che via CVC, il principale tour operator verde-oro, sono però portati a dormire a Porto de Galinhas, una sorta di Rimini locale. Ma soprattutto il porto degli schiavi visto che «galline» erano chiamati i neri che dall'Africa portati qui dai portoghesi e dai loro discendenti. Una «sotto razza», esseri animali e non umani per legge sino al 1888, quando la schiavitù venne abolita, almeno sulla carta.

Tamandaré era un inferno per loro e lo è ancora per gli amici a quattro zampe visto che questa parte di Brasile è quella con la maggiore mortalità al mondo per la leishmaniosi canina, una peste endemica ignorata dalle autorità. Ma inferno dantesco lo era anche per i discendenti degli schiavi sino a neanche trent'anni fa, visto che qui le favelas a mo' di palafitte la facevano da padrone. Poi arrivò «Padre Enzo», come tutti lo chiamano ricordandolo ancora oggi con amore, che di cognome faceva Rizzo e arrivava dal Veneto anche se prima era andato a fare il missionario laico nel Continente nero. «Un prete operaio», racconta uno dei tanti ex bambini che questo «bellissimo uomo» salvò dal narcotraffico e dalla strada aprendo la prima creche, il primo asilo di Tamandaré, dove cuoca era Cleide, una deliziosa «mami» stile Via col Vento, che oggi cucina aragoste appena pescate alla modica cifra di 50 reais, l'equivalente di 12 euro (la porzione è per due). Padre Enzo rivoluzionò il sentire di tanti abitanti di questa cittadina di pescatori miserabili nel senso di poveri e che, grazie alla sua opera, oggi ha un asilo intitolato alla sua memoria purtroppo il nostro connazionale è mancato nel 2000, ad appena 49 anni di età per un male incurabile oltre a una memoria di solidarietà e senso del lavoro portata avanti da tanti ex bambini, oggi uomini e donne sui trent'anni che costituiscono la spina dorsale di Tamandaré.

«Votate Haddad, è il candidato del nordest, non andate contro il popolo di qui, pensate al Borsa Famiglia e non fate gli interessi di San Paolo». Il carretto di Sandro, venditore di spiedini di carne, di pollo e di fegatini che ha adottato un cane di strada che naturalmente ha ribattezzato «Espeto», «Spiedo», è uno dei centri del dibattito politico più acceso di Tamandaré. Il motivo è semplice: da queste parti gli spiedini li mangiano tutti, sia quelli che votano da sempre il Pt come João, maestro alla creche «Padre Enzo» e dalla cui bocca esce l'invito a votare «per il candidato di Lula» perché se «se lui ha rubato almeno ha fatto qualcosa per noi ed è stato il primo a farlo», sia i fan di Bolsonaro che sorprendentemente ci sono. E che non sono solo quelli che molti media descrivono come «i fascisti», o «i ricchi», o «i golpisti» che vorrebbero il ritorno dei militari dei tempi della dittatura, quando il mondo era diviso in due blocchi contrapposti, quello yankee e il sovietico.

«Bisogna mandarli a casa questi corrotti che hanno causato la crisi tremenda che c'è oggi qui, io voto Bolsonaro per farla finita coi ladri», risponde così José, che di mestiere fa il commerciante, a João, chiedendogli poi: «Ma ti sembra giusto che qui non lavori più nessuno solo per ricevere un sussidio da 350 reais?». Salgono i decibel intorno al carretto di Sandro, la discussione si anima e, se uno si facesse ingannare dalle apparenze, rischia di degenerare «i commercianti sono anche loro dei ladri, solo con più pazienza», reagisce un altro avventore di Sandro, non propriamente filo Bolsonaro, mentre José brandisce il suo spiedino di pollo a mo' di scimitarra, disegnando delle zeta immaginarie nell'aria che neanche fosse lo Zorro interpretato da Banderas. Se c'è una cosa che insegnano le presidenziali brasiliane è che i sondaggi non bisogna prenderli troppo sul serio e che mentre a San Paolo, nelle periferie soprattutto, Haddad otterrà un risultato migliore del previsto, lo stesso accadrà a Bolsonaro nel Nordest. Il motivo di questo parziale ribaltamento lo si può desumere sia parlando con le persone che vivono nelle comunidades paulistas (favelas è termine passato di moda ed il più politicamente corretto «comunità» lo ha oramai sostituito) sia monitorando persone vicine alla criminalità (dis)organizzata verde-oro, ovvero al PCC, il Primeiro Comando da Capital che gestisce gran parte del traffico di stupefacenti in Brasile, controllando almeno 5 milioni di voti. Altra variabile da tenere presente è il cosiddetto «fattore Lauro», dal memorabile politico/armatore/editore/dirigente sportivo partenopeo che regalava una scarpa prima e l'altra dopo il voto. In Brasile, secondo quanto riferito dai media locali, in questo momento il prezzo di un voto sul mercato elettorale è contrattato al prezzo di 40 reais, circa 10 euro al cambio odierno. E per foraggiare gli opposti schieramenti di Haddad e Bolsonaro che, senza ombra di dubbio, si affronteranno al ballottaggio del prossimo 28 ottobre è impossibile a meno di frodi che l'ex paracadutista vinca già dopodomani come sostiene da giorni appellandosi al «voto utile» - sono stati addirittura inviati piccoli aerei carichi di borsoni pieni di banconote di piccolo taglio.

Uno di questi, inviato proprio nel Nordest con a bordo sei milioni di reais, si è incidentato ma a tranquillizzare i poliziotti accorsi sul posto è stata la stessa guardia armata a scorta del carico: «Tranquilli, è tutto ok, mica siamo narcos, siamo in campagna elettorale».

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