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Brunetta: "Il golpe? Progettato da sinistra e dall'Italia peggiore"

Il ministro, dopo l'attacco di ieri a Cortina, torna sulle accuse e non retrocede di un centimetro: "I parassiti della finanza hanno trovato una sponda politica". Montezemolo? "Non ce l’ho con lui, mi ha chiamato per darmi ragione"

Brunetta: "Il golpe? 
Progettato da sinistra 
e dall'Italia peggiore"

Ministro Renato Brunetta, quindi stiamo assistendo all’«offensiva della parte peggiore dell’Italia», a un «colpo di Stato di élites irresponsabili». Ma da dove sbucano fuori?
«Il nostro Paese è da sempre diviso in due. Una parte maggioritaria che è l’Italia dei produttori e del buon capitale. Commercianti, professionisti, lavoratori dipendenti, agricoltori, piccole imprese. Un mondo che produce, non è esente da difetti e da vizi piccoli o grandi, ma è l’Italia del buon lavoro e del buon profitto».

E l’altra parte?
«È minoritaria, legata alla cattiva rendita finanziaria, bancaria e burocratica. È espressione dei poteri forti, quelli delle cattive speculazioni. È l’Italia caudataria, al servizio e dipendente dal potere che negli anni della Democrazia cristiana aveva i suoi giornali e una rappresentazione culturale. A quei tempi la sua presenza era mitigata proprio dalla Dc e dalla dottrina sociale della Chiesa».

E oggi?
«Dopo il golpe dell’inizio anni Novanta e dopo l’avvento di Berlusconi e del berlusconismo al potere è andata di fatto la prima Italia, cioè una classe dirigente in nessun modo legata ai salotti buoni o cattivi. Va al potere per la prima volta senza inutili mediazioni e lo fa con programma molto chiaro: distruggere la seconda Italia, quella dei parassiti».

Quindi la campagna mediatica contro il governo sarebbe istinto di sopravvivenza.
«È il risultato del fatto che la seconda Italia, che non aveva mai voluto entrare in conflitto con il potere in quanto parassitaria, per la prima volta si è sentita veramente in pericolo e ha cercato una sponda. L’ha trovata a sinistra. Nei partiti sconfitti dalla storia dopo il crollo del muro di Berlino».

Tutto sommato è un successo per una sinistra che era sempre stata marginalizzata riuscire a imbarcare delle élites, non crede?
«Intanto sono soi-disent élite. E poi usano la sinistra come un tassì. Certo, è un taxi scalcagnato, ma le élites della rendita avevano bisogno di un luogo politico, visto che non hanno funzionato i vari club che hanno costituito. E questo luogo non poteva che essere il Pci-Pds-Ds-Pd. Un bell’abbraccio mortale che sta portando a fondo entrambi».

Buon per voi che state dall’altra parte.
«Ma no. Intanto è un paradosso mondiale che la sinistra si allei con la rendita parassitaria, ma poi questa è una miscela insopportabile e impossibile per tutti. Ma come si fa politica con partiti sfasciati e l’opposizione in mano ai giornali?».

E cosa dovrebbe fare l’opposizione?
«Io voglio fare un appello alla buona sinistra: liberati dall’abbraccio mortale delle lobby della rendita e della cattiva finanza, non è quello il tuo mondo. Stai dalla parte del popolo. Attacca il governo, criticaci, proponi politiche alternative, ma lascia stare i colpi di Stato. Lo stesso berlusconismo, il gruppo dirigente maggioritario, ha bisogno di un’opposizione politica vera. A sinistra c’è tanta gente per bene che non può sentirsi rappresentata dai padroni del cattivo vapore. Dai soliti noti come i passeggeri del Britannia».

Nel Pd chi potrebbe meglio raccogliere il suo appello, Bersani o Franceschini?
«Fino a ieri dicevo Bersani, adesso ho dubbi persino su di lui. Negli ultimi tempi ha mostrato una sua faccia stalinista che non mi piace affatto. Pensavo fosse figlio del riformismo emiliano, evidentemente con la corsa al potere si è avvicinato alle élites della rendita».

Franceschini?
«Non è nemmeno in gioco. Un traduttor dei traduttor d’Omero. Io ho stima di personalità come Chiamparino».

Facciamo qualche nome dell’Italia parassita. Intanto la sinistra.
«La campagna antigovernativa non viene dalla sinistra. Sono le finte élites che vogliono tentare il colpaccio».

Se dice «élites», di fatto sta citando un recente articolo di Andrea Romano sul «Sole 24 Ore» a proposito della retorica contro le classi dirigenti.
«Agli Andrea Romano direi di studiare un po’ più di economia e di storia recente e meno recente di questo paese. I caratteri costituivi delle élite non sono quelli che pensa lui. Una élite non si autodefinisce, non è tale perché possiede giornali o televisioni, ma perché rappresenta un popolo. Perché è parte del processo di accumulazione».

Il giornale che ha ospitato quel ragionamento è degli industriali.
«Ha scritto bene Nicola Porro sul Giornale; è strano che il quotidiano della Confindustria, dei produttori dia spazio a interpretazioni di questo tipo. Marcegaglia fa parte di una élite vera, di una famiglia che ha rischiato e insieme a lei i tanti imprenditori che hanno costruito il Paese insieme ai loro dipendenti. Queste sono le élites del nostro Paese. Non basta imbarcarsi nel Britannia per sentirsi élite, bisogna avere etica del capitalismo».

Se lei cita Andrea Romano, tutti diranno che ce l’ha con Luca Cordero di Montezemolo. È giusto?
«Per nulla. Dico una cosa che forse doveva restare riservata: ho ricevuto da poco una telefonata da Montezemolo e mi ha detto che è d’accordo con me. Mi ha fatto molto piacere perché ho avuto conferma che in Italia il buon capitale c’è. E non deve essere confuso con la cattiva rendita finanziaria, con finte cooperative, pensiamo ai processi di questi giorni».

Diamo un volto politico agli aspiranti golpisti. Pier Ferdinando Casini?
«No, quella è un’altra partita. Residuale. Non mi sembra un attore, semmai uno che aspetta. Ma uno che aspetta l’evoluzione dello scontro non potrà mai essere protagonista».

Gianfranco Fini.
«A me il discorso di Fini al congresso fondativo del Pdl piacque moltissimo. E considero il Fini di quel discorso una ricchezza per il partito».

Sta dicendo che vorrebbe che Fini tornasse quello di allora?
«Non è mai uscito. I suoi dubbi sono una ricchezza per il Pdl. Il Popolo della libertà non può che essere un partito rigoroso, ma accogliente».

A cosa puntano i golpisti?
«A fare un governo. Lo stanno già progettando, quest’estate ci sono stati incontri e hanno pure stilato le liste dei ministri, il programma di governo».

Quindi crede ai retroscena usciti in queste settimane?
«Sì, ma ne sorrido. Sono un uomo del popolo e penso che il potere sia nel popolo. Per questo quando vedo questi conati salottieri non mi preoccupo più di tanto».

Che governo farebbero le finte élites parassitarie?
«Il classico governo tecnico dei sedicenti migliori. Commis, apparati e sepolcri imbiancati.

Un governo con un unico programma: la protezione della rendita».

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