Con Buttafuoco la cultura di destra torna a brillare

Turi Vasile

Il meritato successo editoriale del romanzo Le uova del drago, annunciato del resto dalla assidua vivace presenza di Pietrangelo Buttafuoco suo autore su periodici e quotidiani, ha riacceso con toni nuovi la polemica sulla egemonia culturale in Italia. Non sono convinto che il best seller dello scrittore siciliano abbia scatenato invidia e gelosia nella destra «piagnona» (piangere oggi sembrerebbe piuttosto prerogativa della sinistra delle lacrime). Mi pare, al contrario, che il successo di Buttafuoco sia stato il segnale di un riscatto a tutti utile; a meno che ci si voglia riferire a coloro che attribuiscono il mancato riconoscimento del loro valore solo alla forzata emarginazione. È l’alibi della meschinità di cui non è giusto fare un fenomeno generalizzante. L’egemonia culturale della sinistra è in realtà fondata sul possesso e il dominio del potere mediatico, spudoratamente attribuito a Berlusconi che in gran parte lo subisce. Egli ha ragione quando afferma che se il Polo ha il governo, loro hanno il potere in tutti i campi: l’editoria, i grandi quotidiani, anche quelli che ebbero una tradizione di equilibrante indipendenza oggi «rotta» nel più evidente e disinvolto dei modi, le televisioni (sì, persino la sua) - per non parlare della magistratura, della plutocrazia della Confindustria, della economia che ci ha condannati all’euro, del sindacalismo poco lungimirante. Tutti contro, noncuranti delle dicotomie clamorose, tenute insieme da un rigurgito falsamente viscerale che nasconde in realtà la difesa ad oltranza di interessi e privilegi minacciati. È un miracolo che Berlusconi sia riuscito a governare per tutta la legislatura battendosi su due fronti: quello interno delle ambiguità e quello esterno delle forze unite, come s’è detto, dall’oscuro istinto della conservazione ammantato di progressismo. Il miracolo è stato possibile - e spero che così sia in futuro - perché loro, pur avendone il potere, non sono riusciti a catturare l’anima della cultura nazionale, l’hanno caso mai intimidita con un ostentato e martellante complesso di superiorità. C'è da aggiungere, per amore della verità, che la mancanza di una illuminata politica culturale da parte governativa li ha favoriti.
Ha ragione Luciano Lanna quando sul Giornale si domanda se la cultura di sinistra di tutto il Novecento abbia meritato radicalmente la vantata egemonia. Egli però a dimostrazione del contrario fa nomi appartenenti quasi tutti a un particolare orientamento ideologico. Non si tiene così conto che la cultura non di sinistra ha un respiro molto più vasto e profondo grazie alle sue componenti cattoliche e liberali. Se è indiscutibile che i grandi del primo Novecento, anche se alcuni di loro proscritti o addirittura condannati a morte, furono principalmente Croce, Gentile, Soffici, Pareto, Volpe, Papini, D’Annunzio, Pirandello, tutti lontani dalla sinistra, è da tener conto dello stuolo considerevole di ingegni, cattolici e liberali, che trovarono difficoltà, anche drammatiche, per manifestarsi. Tra i primi nomi che vengono in mente colpevolmente alla rinfusa sono Satta, Morselli, Pomilio, Tomasi di Lampedusa, e non certo di sinistra, di Noventa, Olivetti, Pampaloni. Si aggiungono Betti, Fabbri, Cardarelli, Pinelli, Brancati, Flaiano, Patti, per non parlare di Quadrelli, dei filosofi Amerio, Corti, di Rosario Assunto, esteta dell’armonia e, perché no, dell’ultimo Sciascia e di Guareschi apprezzato nel mondo. Parecchi di questi furono anche celebrati e diffusi con la riduttiva sentenza di essere però di destra. Il grande fiume della cultura semi-sommersa o non privilegiata, scorre inesorabile.

Non ora, ma più tardi, sarà interessante invocare una indagine approfondita sul quesito: gli intellettuali che si dichiarano di sinistra lo sono davvero, per forma e contenuto, nelle loro opere? Se il loro pensiero e il loro sentimento risultassero lontani da una filosofia di sinistra, potremmo concludere con maggiore serenità che la egemonia culturale della sinistra è, come si dice oggi, virtuale.

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