Faccia a faccia con la crisi

Cacciari: "Uscire dall'euro? Una stupidaggine infantile Abbiamo buttato via 30 anni"

Il professor Cacciari: "Nessuno è riuscito a comprendere il salto d'epoca che andava affrontato, neanche il mio mitico Nord-Est"

Cacciari: "Uscire dall'euro? Una stupidaggine infantile Abbiamo buttato via 30 anni"

Professore, come si è arrivati a questo punto?
"L'Europa in particolare, forse l'intero Occidente, non ha compreso bene il salto d'epoca che andava affrontato. L'euro, l'Unione europea stessa è stata vista come qualcosa che doveva continuare ad assicurarci, è stata vista in termini continuistici e non come uno strumento per affrontare le nuove sfide della comunità globale".

Si spieghi meglio.
"Tutti abbiamo ragionato in sostanza in termini conservatori come si trattasse di difender posizioni acquisite, cosa assolutamente impossibile dopo i catastrofici mutamenti di fine millennio e inizio di questo, dopo la caduta del muro, dopo il crollo delle ideologie del '900, delle forme di lavoro e di organizzazione sociale, economica e dei partiti di quell'altro secolo".

Ma c'è ancora tempo per ovviare alla situazione attuale?
"Nessuno è stato in grado di interpretare il salto d'epoca e ora ci troviamo di fronte a un futuro che non riusciamo assolutamente a prevedere perché non abbiamo gli strumenti. La crisi è culturale e antropologicamente profonda e dubito che l'occidente sia in grado di riprendersi, forse gli Usa per la potenza militare incontrastata che hanno. Ma dubito che l'Europa possa riprendere la sua centrilità".

Ma quindi la crisi è partita da una questione culturale più che economica?
"Esattamente. Le questione economiche sono successive, per aver competitività economica occorreva sapere che erano necessarie riforme sostanziali, che i nostri modelli sociali, di welfare e istituzionali non erano adeguati, bisgnava fare le riforme costituzionali che non sono state fatte e che erano impellenti. In Italia la cosa è ancora più grave perché gli spiriti di conservazione sono stati prepotenti rispetto alla Gran Bretagna di Blair, alla Germania di Schroder e alla Francia. Da noi le resistenze corporative sono stati più forti che in altri Paesi".

Che ne pensa del fenomeno dei suicidi?
"L'industria italiana è in una situazione di difficoltà estrema. Si salvano coloro che hanno capito per tempo che dovevano mirare a cicli e produzioni di eccellenza e che non potevano inseguire il miraggio di un futuro italiano ancora manifatturiero tradizionale. Loro continuano a esportare, ma la stragrande maggioranza non è riuscita a interpretare questo salto di fase, nemmeno nel mio mitico nord est che adesso è un modello totalmente arretrato e che avrebbe dovuto puntare sulla formazione di capitale umano e avrebbe dovuto sostenere cicli produttivi più innovativi ma qui è stato un disastro totale".

Non è proprio una visione ottimistica la sua...
"Abbiamo buttato via un trentennio. L'Italia in toto e l'Europa quasi".

Si parla di uscire dall'Euro, lei che ne pensa?
"L'uscita dall'Euro è una stupidaggine infantile, ancora molti fanno demagogia, populismo, una cosa impressionante l'arretratezza mentale di questo paese, gente che cerca di lavorare per sfangarsi un voto, per fare concorrenza a Grillo. Il naufragio dell'Euro sarebbe un disastro per le economie più deboli. Con l'euro si sono dimezzati i poiteri di acquisto e accadrebbe un'altra volta con conseguenze sociali ingovernabili".

Qual è la sua ricetta?
"Occorre sperare che l'euro tenga e che anche la Germania capisca che anche lei è seduta su quel ramo e non è il caso che lo tagli".

Che percorso di letture consiglierebbe per avere una visione più ottimistica?
"Sul piano della politiologia realistica e disincatata bisogna Weber,  Schmidt o Panebianco.

Sul piano economico bisogna leggere quelli che avevano capito come si stava profilano la crisi, come Krugman e Stiglitz".

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