Controcultura

Calligarich e quella famiglia lunga un secolo

Fabrizio Ottaviani

È stato un autunno primaverile, quello di Gianfranco Calligarich: abbandonata da Elisabetta Sgarbi, imbarcatasi sulla Nave di Teseo, la Bompiani ha appena mandato nelle librerie la terza edizione di L'ultima estate in città, romanzo uscito nel 1973 e divenuto poi di culto. L'evento notevole, però, è rappresentato da La malinconia dei Crusich, il romanzo al quale l'autore ha lavorato negli ultimi anni con un'esclusività che rasenta la devozione. L'obiettivo non era minimo, visto che si trattava di ricostruire vicende familiari che attraversano l'intero Novecento.

Il romanzo si apre nel 1901 con una crociera nell'Adriatico che è una fuga da ricordi dolorosi: quella del capostipite dei Crusich, deciso a lasciarsi alle spalle Trieste e a fare rotta per Massaua. Per cambiare programma quando a sinistra del battello, dopo tre giorni di navigazione, appare Corfù. Acquistato l'angolo meridionale dell'isola e diventato un ricco imprenditore, gli basterà entrare nel locale negozio di busti per conquistare la figlia del gestore, che gli darà sei figli. Sfiorati dalla Grande guerra, i Crusich saranno costretti dall'inflazione a trasferirsi a Milano, ritrovandosi a vivere in una dittatura il cui imperialismo li sedurrà, coinvolgendoli in più di un'avventura esotica. I capitoli africani sono di un realismo raro, e ancora più benvenuti perché nati in una letteratura che a parte qualche tentativo ha trascurato quasi del tutto la nostra storia coloniale. Le ariose pagine sull'Asmara non vietano di narrare gli orrori della guerra: dal massacro del cantiere Gondrand allo sfondamento inglese dell'Amba Alagi, che segnò il tramonto delle nostre ambizioni ultramarine. La seconda parte del romanzo è dedicata all'occupazione tedesca e a un dopoguerra di povertà, illuminato dall'energia dei Crusich e dalla loro cocciutaggine.

Disseminate di efferate manomissioni della sintassi che faranno inorridire le professoresse di lettere, le pagine di Calligarich dispiegano un umorismo «freddo» che a ben vedere rappresenta il punto di forza di questo scrittore che è sempre stato bravissimo a raccontare le sue storie.

Già, le storie: che siano il frutto di un'irrefrenabile mitopoiesi? Quanta, della malinconia dei Calligarich è stata trasfusa nelle vene dei Crusich? Indovinello che solo l'autore potrà sciogliere; e forse la risposta la leggeremo nel prossimo romanzo.

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