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«In campo sorrido e aggredisco»

Ventun anni, toscano formatosi all’Ugolino, professionista dal dicembre scorso, debutterà nell’Alps Tour tra marzo e aprile in Marocco

Secondo uno stereotipo che ormai fa un po' sorridere e che tuttavia ancora resiste alla prova contraria dei tempi, in Italia si può giocare a golf soltanto se si è nobili, magari non decaduti, oppure se non si è nobili ma semplicemente facoltosi. Insomma sul green non c'è posto per la gente di censo e di portafoglio comune, né barbona né figlia di Creso, che tutti i giorni s'incontra al supermercato o alla fermata di un tram o della metro. Eppure si dà il caso - quello di cui ora ci occuperemo - che nel nostro Paese si possa diventare golfisti, oltretutto di rilievo, vendendo in un negozio frutta e verdura. La famiglia toscana di papà Claudio Gagli, 49 anni, e mamma Donatella, ha appunto un negozio di frutta e verdura a Strada in Chianti, paesino a cinque chilometri da Firenze. Claudio e Donatella hanno due figli: Gloria, alla quale interessa poco o nulla del golf, e Lorenzo, ventunenne, che invece del golf è diventato uno dei più promettenti giovani professionisti dal dicembre scorso. La ciliegina sulla torta è questa: papà Claudio, che già da ragazzino era attratto dallo sport dei bastoni e delle buche tanto da fare il caddie al Circolo dell'Ugolino, oggi, negli intervalli tra mele e carote, gioca un signor handicap 3.
Lorenzo, naturalmente, rappresenta il coronamento di un sogno sbocciato quando lui era un bambino di 8 anni e giusto il papà lo introdusse al campo pratica dell'Ugolino. Diplomato al Liceo linguistico nel 2004, adesso Lorenzo accarezza un futuro agonistico che comincia appena a delinearsi. «Le prime gare da professionista le farò tra marzo e aprile in Marocco nell'Alps Tour. E poi... poi vedo una scalata fino al Tour europeo. Non sarà facile, la strada è lunga ma è sul golf che io punto il mio avvenire».
Pavan e Federico Colombo hanno di recente scelto un'esperienza americana. E lui? «Hanno fatto benissimo ad accettare certe proposte universitarie che avevano avuto all'Orange Bowl. A me non è capitata quella opportunità. Però debbo anche dire che io sto bene in Italia. L'America è l'America e non lo scopro io, ma condivido quello che le ha detto Di Ponziano: se nel golf nasce un talento, prima o dopo verrà fuori anche a casa sua».
Qual è il suo colpo migliore e il suo punto debole quando va in gara? «Io mi ispiro a Garcia, il mio idolo: sorridere e aggredire. Punto allo score. Per ora, comunque, vado meglio nel gioco corto e nel putt che nel gioco lungo. Debbo migliorare lo swing». Che cosa risponde a chi sostiene che giocare a golf in Italia resta privilegio dei ricchi? «Se non si hanno manie di grandezza, ora che oltretutto è stato introdotto il tesseramento libero, giocare a golf da noi oggi, non nel secolo scorso, può pesare nelle tasche quanto pesa, per esempio, l'andare a sciare.

Basta con i pregiudizi».

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