Vancouver 2010

In Canada ci sono rimasti male ma solo per la festa rovinata

I giornali hanno nascosto il dramma: "Peccato per l’organizzazione". Rogge ha chiesto bandiere a mezz’asta, ha aderito soltanto la Georgia

In Canada ci sono rimasti male ma solo per la festa rovinata

Whistler Mountain Lo spettacolo continua, deve continuare, per tutti è giusto così, e allora ci si adegua, magari sentendosi esageratamente sensibili, fuori tempo. Mah!
Gli slittinisti ieri mattina erano già in pista, per due prove extra programma a poche ore dal via della gara, prevista nel tardo pomeriggio canadese, notte fonda in Italia. Una in realtà era quella rinviata venerdì dopo l'incidente mortale del georgiano Nodar Kumaritashvili, gli atleti non partiti allora sono stati fatti scendere dal via previsto per le donne, più basso, quello che è stato utilizzato anche in gara nel tentativo di rendere la pista meno veloce, meno pericolosa dunque.
Tutti in pista dunque, forse con qualche pensiero in più in caso di sbandata, ma guai a perdere la concentrazione, la gara olimpica è attesa da quattro anni e non sarà certo la morte di un collega a fermare tutto.
Come stupirsi? Ieri mattina le prime pagine di alcuni quotidiani canadesi esaltavano la cerimonia di apertura dei Giochi lasciando in un angolo, difficile da trovare, la notizia della tragedia, altri ne parlavano considerandola quasi un'ingiustizia per l'organizzazione, capace di farsi trovare pronta all'ora X.
La cerimonia, proprio lei, è andata in scena come nulla fosse, il presidente del Cio Jacques Rogge ha chiesto un minuto di silenzio, la bandiera canadese e quella del Cio sono state tenute a mezz'asta, a inizio cerimonia sullo schermo gigante è apparsa su sfondo nero la scritta con la dedica a Nodar Kumaritashvili, ma null'altro è stato modificato nel cerimoniale, persino i fuochi artificiali sono stati sparati nel cielo grigio e piovoso di Vancouver. Almeno quelli, secondo noi, potevano essere evitati e tenuti in serbo per un altro momento.
Alla conferenza stampa seguita all'incidente mortale, sempre Rogge aveva mostrato forte commozione e chiesto alle squadre di sfilare con le bandiere a mezz'asta, nessuno però gli ha dato ascolto e la sfilata delle squadre è avvenuta nel solito tripudio di sorrisi, saluti e fotografie.
Solo i georgiani hanno sfilato con una faccia davvero triste e un nastro nero appeso alla bandiera, al loro ingresso nello stadio il pubblico si è alzato e ha applaudito come per nessun altro. È stato il momento più toccante della serata.
Al di là delle condoglianze di prassi per squadra e famiglia del povero slittinista morto, le dichiarazioni di tutti gli atleti vertono sul fatalismo. In rappresentanza dell'Italia, di cui è stato portabandiera, Giorgio Di Centa si è allineato con gli altri: «Mi spiace moltissimo, è stato un incidente davvero incredibile, raro anche, soprattutto all'Olimpiade. Purtroppo ci sono sport pericolosi e lo slittino è fra questi, quello che bisogna fare per il futuro è rendere le gare più sicure».
«La pista di Whistler è davvero troppo veloce» ha dichiarato un tecnico della squadra statunitense di slittino, «per gli atleti non proprio esperti che partecipano ai Giochi non è facile gestire le curve a 150 all'ora, certo quel che è successo non era prevedibile in nessun modo, un volo del genere con atterraggio contro il pilastro a bordo pista non si era mia visto».
Già, deve sempre scapparci il morto per capire che certe cose imprevedibili possono succedere. Nello sci alpino ha dovuto morire, dopo sei anni di coma, Leonardo David per far capire che dopo una botta in testa serve una tac di controllo e soprattutto un lungo periodo di riposo; ha dovuto morire Ulrike Maier per far capire che bisognava togliere i paletti di legno con le fotocellule dei cronometri da bordo pista; ha dovuto morire anche il giovane austriaco Reinstadler per far capire che in certi punti della pista i teloni rigidi sono preferibili alle reti, dove ci si può impigliare e venire squarciati.


Lo spettacolo va avanti, come la vita di chi, per non aver sbagliato curva, ha la fortuna di esserci ancora.

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