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Cannavaro: "Facciamo la pace, non la guerra. Son qui per vincere"

Cannavaro: "Facciamo la pace, non la guerra. Son qui per vincere"

Pinzolo - Dice quel che deve, Fabio Cannavaro. E, anche se non apertamente, chiede scusa: «Il malumore di questi giorni è dovuto a mie dichiarazioni fatte a febbraio e mal interpretate. Non volevo mancare di rispetto a nessuno. Sono qui per lavorare, dare il massimo e vincere qualcosa».

Era preparato a una contestazione così forte?
«Sì. Capisco l'amarezza di chi mi ha visto partire, ma abbiamo già spiegato tutto. Voglio essere chiaro, ancora una volta: il primo cui stava bene la Juve ero io. Purtroppo è successo quel che è successo e, con vantaggi per tutti, sono stato ceduto al Real Madrid. Quando però Secco è venuto a casa mia, mi sono convinto subito a tornare: non ho mai parlato di cifre, tanta era la voglia di vestire di nuovo il bianconero».

Le rimproverano di essersi proposto al Napoli.
«La Juve mi ha cercato, il Napoli no. E non è un ripiego: siamo la Juve, mica altro».

Quando finirà questo clima?
«Spero presto. Il clima è ottimo, in squadra e fuori: rovinarlo per colpa mia mi darebbe fastidio. In ogni caso, con qualcuno ho già parlato e sono pronto a rifarlo. Non ho timori: se devo andare a recuperare un pallone vicino a chi mi contesta, ci vado». E oggi a Vicenza, dove giocherà la Juve, ci sarà l’armistizio.

Uno dei tifosi più esagitati è anche entrato in campo.
«Per tranquillizzare l'ambiente, a volte conviene salutare i tifosi. Nel nostro paese è così. Bisognerebbe cambiare abitudini pian piano».

Che succede ora?
«Ho 36 anni, ma dobbiamo pensare al futuro. Io penso di poter andare avanti ancora un bel po’. Se però tanti pensano al Cannavaro del 2006, posso stare a casa: quelli erano livelli impressionanti che mi hanno portato a vincere il Mondiale e a non sbagliare nulla. Io mi sento bene e di diverso da allora non ho nemmeno i capelli. In realtà oggi, appena sbaglio un passaggio, vengo criticato».

Sta nascendo una grande Juve?
«Sì. E, se lavori in un certo modo, non sbagli».

Si immagina più in campo o fuori?
«Decide Ferrara, che chiamo mister pur essendo un amico. Io però mi vedo sempre in campo».

Le capita di pensare ai due scudetti vinti e revocati?
«Sono tornato anche per quello. Noi li abbiamo vissuti e festeggiati, ma nell'almanacco non ci sono. La medaglia però me la tengo: li abbiamo vinti con merito».

Pentito di avere lasciato Madrid nel momento migliore?
«No. Dovranno andare tutti d'accordo e non sarà facile. Vorranno sfruttare la possibilità di vincere la Champions in casa: batterli avrebbe un fascino particolare».

Dalla Spagna cosa si porterebbe dietro?
«La tranquillità sugli spalti, la sensazione di andare a giocare a calcio e non a fare una battaglia».

Dell'Inter cosa pensa?
«Pensiamo a noi stessi. Ibra o Eto'? Due begli attaccanti».

E di Diego, osannato con lo stesso coro di Maradona?
«Tutto il bene possibile. Quel coro pesa ma, essendo mio compagno di camera, sono stato io il primo a intonarlo».

Che percentuali ha la Juve di vincere lo scudetto?
«Le lascio a Mourinho, che è molto bravo a farle.

Io spero solo di arrivare alla fine e vincere».

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