Cultura e Spettacoli

Cannes vota l'Italia: Germano miglior attore

Il premio, ex aequo con Bardem, dedicato a chi vuol "migliorare il Paese malgrado la nostra classe dirigente". Palma d’Oro al thailandese "Uncle Boonmee". Juliette Binoche trionfa e condanna ancora il regime iraniano

Cannes vota l'Italia: 
Germano miglior attore

Dal Festival di Cannes una grande notizia: Elio Germano è stato votato dalla giuria come miglior attore per il film La nostra vita di Daniele Luchetti, unico presentato in concorso. Luchetti ha detto a botta calda: «Se me lo avessero detto sei mesi fa, avrei risposto: è un sogno». Invece, ricevendo la statuetta, Elio Germano ha detto a botta calda: «Dedico il premio all’Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere il Paese migliore nonostante la loro classe dirigente».

Un po’ di qualunquismo non guasta mai, specialmente in queste occasioni, specialmente in trasferta di fronte a un pubblico che applaude a prescindere. È vero che il riconoscimento è stato aggiudicato ex aequo con Javier Bardem, interprete superbo di Biutiful del messicano Alejandro Gonzalez Inarritu. Però si tratta di una consacrazione che arriva in un momento di forti polemiche in Italia che forse ora si placheranno un po’. In ogni caso, il bollettino di una Cannes forse meno «popolata» da giornalisti che in passato e senza dubbio spolverata da qualche disillusione, prosegue con la Palma d’Oro al film dell’impronunciabile regista thailandese Apichatpong Weerasethakul. Anche il suo film si presenta con un titolo tutto sommato «wertmulleriano»: Uncle Boonmee who can recall his past lives, che in italiano suona più o meno come Lo zio Boonmee che può ricordare le sue vite passate. Un’altra vittoria abbastanza annunciata è stata quella di Juliette Binoche, incoronata miglior attrice per la sua recitazione in Copia conforme dell’iraniano Abbas Kiarostami, un altro abbonato ai trionfi sulla Croisette.

Appena premiata, la Binoche ha detto, riferendosi al regista iraniano Jafar Panahi: «C’è un uomo la cui colpa è di essere un artista. Penso a lui proprio questa sera e spero di essere con lui qui l’anno prossimo. È una lotta difficile. Il Paese ha bisogno di noi artisti». Nei giorni scorsi lei si era addirittura commossa pensando al regista perseguitato dal regime di Ahmadinejad. E se la miglior sceneggiatura è di Lee Chang Dong per il film sudcoreano Poetry, il regista dell’anno è il francese Mathieu Almaric per Tournée mentre il premio della giuria è andato al chadiano A screaming man di Mahamat Saleh Haroun. Infine il Gran Premio della Giuria è andato a Xavier Beavois, anch’egli francese, per Des hommes et des dieux.

Infine la «Camera d’oro» per la miglior opera prima (Quinzaine des realisateurs) va ad Año bisiesto di Michael Rowe. Chienne d’Histoire di Serge Avedikian è il miglior cortometraggio, mentre il premio della Giuria per i cortometraggi è stato assegnato a Micky Bader di Frida Kempff. Insomma, nel complesso hanno vinto i temi mistici, lo svago e la poesia. Intanto, appena annunciato il vincitore della Palma d’Oro, la Bim ha confermato di averlo comprato. E quindi distribuirà Uncle Boonmee sperando di ottenere un buon risultato di pubblico. Società, questa, molto attenta al cinema di qualità, visto che detiene anche i diritti di Copia conforme di Kiarostami, oltre ad Another year di Mike Leigh e Route irish di Ken Loach, entrambi rimasti fuori dal palmares.

Insomma adesso il giudizio spetta al mercato. Come quasi sempre accade, il risultato al botteghino dei film incoronati dai Festival del cinema in giro per il mondo non è mai pari alle attese. E su questo la discussione prosegue da anni. C’è chi, e sono i critici più intransigenti, non accetta che il grande pubblico possa essere una parte importante, se non decisiva, nella valutazione finale di un film.

E c’è chi, invece, è più aperto e considera l’esame del botteghino, pur con tutti i suoi inevitabili distinguo, una prova fondamentale per qualsiasi opera cinematografica. Certo, quest’anno il vincitore di Cannes sotto questo punto di vista non parte in pole position e quindi il classico dibattito proseguirà senza colpo ferire. Di sicuro siamo a un punto di svolta. Chi ha attraversato la Croisette in questi giorni si è accorto di una «vibrazione» inferiore alle attese e, tutto sommato, di molto manierismo e poco autentico entusiasmo.

Ma sono sensazioni che durano lo spazio di un mattino e che la prossima edizione potrà spazzar via in un attimo.

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