Politica

CARO CAV NON LA SEGUO

I furbetti del botteghino devono averci pensato qualche giorno. Poi aiutati dai furbetti della stampa hanno partorito una letterina in cui dicono che «condivideranno ogni decisione che il Parlamento intenda prevedere», «ivi compreso l'accoglimento della richiesta della dottoressa Forleo». Lasciamo perdere la forma, che è quella di due burocrati di partito, e badiamo alla sostanza: D'Alema e Fassino scrivono che accetteranno ciò che Montecitorio deciderà a proposito delle famose intercettazioni telefoniche sul caso Unipol.

Non dicono che voteranno sì alla richiesta della Procura, né dicono che inviteranno i colleghi di partito a farlo. Annunciano solo che non si opporranno alla decisione delle Camere. Ma tutti i giornali ieri titolavano come se i capi della Quercia avessero consentito l'uso delle intercettazioni. Il Corriere sintetizzava con un «via libera dei Ds»; la Stampa con un «usatele pure »; la Repubblica, ancor più sintetica, con «sì dei leader Ds». Balle. D'Alema e Fassino non hanno autorizzato un bel nulla. Hanno semplicemente scritto che accetteranno la decisione dei colleghi parlamentari, compreso dunque il no all'uso di quelle telefonate da cui emerge che i Ds erano soci di fatto di Giovanni Consorte, l'ex presidente della compagnia d'assicurazioni delle cooperative rosse.

I vertici del botteghino oscuro si sono inventati questa astuzia per uscire dall'angolo in cui erano finiti. Dopo che Clementina Forleo li aveva accusati di essere complici del disegno criminale degli scalatori della Bnl, D'Alema e Fassino avevano pensato di denunciare il gip, ma si erano resi conto che sarebbe stato un disastro. Per anni hanno indossato i panni degli angeli immacolati, impartendo lezioni di moralità e correttezza e ora che un'indagine giudiziaria li sfiora sono tentati di comportarsi come indagati qualsiasi. No, si sono detti i Bibì e Bibò della Quercia, non si può fare. Ed eccoli studiare un piano in cui loro si dicono pronti a collaborare coi pm, mentre i compagni di partito sono pronti a silurarli.

Un gioco delle parti che salva l'onore dei due capi diessini, ma li sottrae anche alle curiosità della Procura. È la solita tecnica del Pci: duro in pubblico, accomodante in privato e viceversa. Un gioco vecchio come i comunisti, che per anni ha consentito ai pronipoti di Togliatti di rimanere a galla. Ci riusciranno anche stavolta? Vedremo. Certo, ora possono contare su un aiuto inaspettato, quello di Silvio Berlusconi, il quale ha già annunciato che voterà contro la richiesta dei giudici. Una scelta che non contenta molti elettori del centrodestra, i quali si domandano se il Cavaliere sia impazzito.

Niente di tutto questo: io il Cav. lo capisco. Per anni si è battuto contro lo strapotere dei magistrati e contro indagini mirate (come quella siciliana, in cui ieri il perito-accusatore s’è rimangiato tutto) e ora che un'inchiesta lambisce gli avversari ride, ma non al punto di buttare alle ortiche le battaglie garantiste, non fino a rinunciare alla lotta contro la giustizia politica. È coerente e forse dovremmo esserlo anche noi. Sono anni che "Il Giornale" denuncia lo strapotere delle toghe e le campagne giudiziarie con obiettivi politici e dunque dovremmo nutrire un po' di sospetto anche nei confronti di quelle che toccano i Ds. Ma confesso: non ci riesco.

La storia recente di questo nostro Paese è stata inquinata dagli interventi delle Procure, ma altrettanto lo è stata da un partito che si autoproclamò con le Mani pulite e che per vincere le elezioni lasciò condannare gli avversari senza rivelare la propria complicità. Un partito che si fece paladino della questione morale pur avendo nella propria storia la macchia indelebile del finanziamento da parte di una potenza straniera ostile. Un partito abile nel sembrare ciò che non è. Non voglio vedere nessuno mangiare il rancio in una cella, come invece augurò Francesco Rutelli a Bettino Craxi.

Ne faccio una questione politica, non penale. A me basta che si chiariscano gli intrecci d’affari e potere che negli anni la sinistra ha costruito, abbattendo il muro della superiorità morale che i Ds hanno edificato. Solo allora, ne sono certo, si chiuderà una stagione e diventeremo un Paese normale, dove chi sbaglia paga, ma gli avversari non sono criminali e, soprattutto, non si distruggono per via giudiziaria.Per cui, mi dispiace caro Cav., ma anche se lei è più coerente di me, stavolta non la seguo.

Commenti