Politica

Il caso Genchi. Quegli 007 dati in appalto

Il nostro è uno strano Paese, più interessato al gossip che alle questioni di sostanza. In questi ultimi giorni i grandi organi di informazione si sono catapultati a commentare la scelta del pm Luigi De Magistris di presentarsi alle Europee con la lista di Di Pietro. Scelta fin troppo scontata, visto il percorso di entrambi per acquisire quella notorietà che nella attuale stagione è diventata un valore politico fondante e il cui copyright è indubbiamente della sinistra diessina e postcomunista. E così il rischio che passino sotto silenzio vicende inquietanti ha finito per travolgere tutti, o quasi tutti.

È il caso del dottor Gioacchino Genchi, consulente del pm De Magistris e di altre procure. Il comitato per la Sicurezza della Repubblica presieduto dall’onorevole Rutelli ha presentato al Parlamento una relazione sulla vicenda De Magistris-Genchi che per alcuni aspetti fa rabbrividire. Il comitato ha accertato, sul materiale finora pervenutogli, che il dottor Genchi, secondo i carabinieri dei Ros, avrebbe ottenuto le anagrafiche (cioè le tracce dei tabulati telefonici) di circa 392mila intestatari.

Moltissime utenze erano riferibili al procuratore nazionale antimafia e a molti magistrati di quell’ufficio, a esponenti dei servizi segreti, tra cui il capo del Sismi, generale Pollari, a tredici parlamentari, tra cui il presidente del Consiglio, il ministro dell’Interno e il suo vice, il ministro della Giustizia, tutti di più governi, alla Camera e al Senato, ai vertici della Guardia di finanza, all’ambasciata americana. Insomma, quella che in altri tempi si sarebbe giustamente definita una rete spionistica al comitato per la difesa della Repubblica sollecita solo qualche preoccupazione per la privacy dei cittadini richiamando l’attenzione del governo sull’eventualità di apporre il segreto di Stato sui dati finora consegnati. E Rutelli si ferma qui. E meno male che abbiamo un comitato per la difesa della Repubblica, la cui sicurezza, come si vede, rischia davvero di essere messa male, come da tempo peraltro andiamo dicendo.

L’onorevole Rutelli, infatti, nel documento «esprime le proprie perplessità su tale situazione, resa possibile dalla normativa vigente». Il riferimento è all’incredibile autorizzazione che dieci anni fa i responsabili del ministero dell’Interno dettero al dottor Genchi, funzionario della Polizia di Stato, a mettersi in aspettativa e fare tutto quel po’ po’ di lavoro «spionistico» di cui abbiamo avuto finora cognizione solo in minima parte (il dott. Genchi attualmente è stato sospeso dal servizio perché indagato).

La domanda che si pone allora è una sola. Perché il ministero dell’Interno, pur avendo nel suo seno una professionalità come quella del dottor Genchi, non ha organizzato una propria struttura che potesse essere al servizio dell’autorità giudiziaria in questo tipo di lavoro e ha di fatto consentito che lo facesse un suo uomo da privato cittadino intascando milioni che sarebbe peraltro utile capire dove sono finiti? Elementare, Watson, direbbe il vecchio ma sempre giovane Sherlock Holmes, quello che fa un privato non può farlo una struttura pubblica. Se si vuole organizzare, partendo da legittime autorizzazioni giudiziarie, una vera e propria rete spionistica al servizio di qualcuno, solo un privato a libro paga può farlo, e consegnarne poi gli elaborati che non si conoscono a chi nell’ombra li vuole. È così che si trasforma una Repubblica moderna in un Paese largamente ricattato.

Tutta fantapolitica? Possibile, ma possiamo cominciare a capire chi, autorità politica e/o ministeriale, ha dato il via a Genchi perché diventasse una sorta di 007 al servizio di una «Spectre» paesana, utilizzata spesso anche da qualche potenza straniera, non consentendo la formazione di una struttura pubblica che facesse quel lavoro? Chiedere non è difficile ed evita errori e omissioni, in particolare quando si tratta della sicurezza della Repubblica, mentre esprimere le perplessità, come fa Rutelli, è solo da teatrino delle marionette, senza neanche avere per un momento la curiosità di conoscere chi è il burattinaio. O, forse, lo si sa e lo si teme.


ilgeronimo@tiscali.it

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