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Caso Ruby, Boccassini e i pm sotto inchiesta Per le telefonate del Cav pubblicate dai giornali

Dopo la pubblicazione delle telefonate sul Corriere e le polemiche con la Procura di Milano, il Pg della Cassazione apre un’indagine. Nel mirino ci sarebbe Ilda Boccassini, ma anche gli altri titolari dell'inchiesta o addirittura Edmondo Bruti Liberati

Caso Ruby, Boccassini e i pm sotto inchiesta 
Per le telefonate del Cav pubblicate dai giornali

Roma - Si muove il procuratore generale della Cassazione sul clamoroso caso delle intercettazioni telefoniche di Silvio Berlusconi sul caso Ruby, pubblicate dai giornali. Vitaliano Esposito, titolare con il Guardasigilli delle azioni disciplinari, ha disposto «accertamenti conoscitivi» per stabilire se qualcuno, alla Procura di Milano, ha compiuto un illecito e deve essere processato dal Csm.
Nel mirino ci sarebbe Ilda Boccassini, ma anche gli altri due titolari dell’inchiesta: Pietro Forno e Antonio Sangermano. O, addirittura, il capo della Procura, Edmondo Bruti Liberati.

Chi ha fatto mettere agli atti le conversazioni del premier, intercettato indirettamente mentre parlava con alcune amiche, senza che fosse stata chiesta l’autorizzazione alla Camera? Chi ha lasciato nel fascicolo quelle trascrizioni, che non dovevano esserci perché inutilizzabili, malgrado Berlusconi fosse imputato nel processo?
Ieri il Comitato di presidenza del Csm, in cui siede Esposito, gli ha trasmesso il fascicolo aperto sulla vicenda esplosa martedì scorso. Contiene anche il comunicato stampa del procuratore di Milano, trasmesso mercoledì al vicepresidente del Consiglio Michele Vietti, in cui Bruti Liberati afferma che non ci sono stati «errori» da parte dell’ufficio che dirige.

Ma è proprio questo che dovrà accertare il procuratore generale della Cassazione. Anche se da Milano il numero uno della Procura sottolinea che sarebbe stato proprio lui «ad attivare il Csm», con il suo comunicato stampa. Quelli che farà il Pg della Cassazione, dice ora Bruti Liberati, sono «accertamenti conoscitivi, come quelli che abbiamo fatto noi per capire che cosa sia successo dopo la pubblicazione sui giornali di alcune telefonate del presidente del Consiglio». E aggiunge: «Siamo assolutamente sereni».
Sembra quasi che ci sia una corsa a far vedere chi per primo ha voluto che si andasse a fondo sulla vicenda: Esposito, il vertice del Csm, il procuratore di Milano?
Probabilmente tanta solerzia nasconde la volontà, da parte dei pm milanesi, di anticipare un giudizio assolutorio nei loro confronti. Soprattutto per deviare un boomerang che colpisce l’intera inchiesta e getta ombre sulla sua credibilità e correttezza.

Tutto è stato fatto secondo le regole, ripetono le toghe milanesi, per contrastare le polemiche scoppiate nel Palazzo della politica e gli attacchi dei difensori del premier.
Bruti Liberati ha spiegato che le conversazioni del premier non saranno usate come prova contro di lui, ma nei confronti degli altri tre imputati del processo da cui è stato stralciato quello di Berlusconi. Si tratta di telefonate tra il premier e alcune ragazze, disposte tra agosto e ottobre scorso per le indagini su Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede, quando ancora il premier non era indagato. Erano state trascritte parzialmente, ha assicurato Bruti Liberati, per chiedere al gip l’autorizzazione a proseguire nelle intercettazioni degli altri «bersagli» dell’indagine e poi depositate solo alla difesa del capo del governo, come atto dovuto a garanzia del diritto di difesa.
Ma secondo i legali del Cavaliere, in realtà, quelle intercettazioni non potevano essere utilizzate in nessun atto d’indagine.

L’errore, insomma, ci sarebbe stato eccome.

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