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Caso Ruby, il Csm smonta il teorema del pm Fiorillo

Sonora sconfitta: il pm dei minori Anna Maria Fiorillo aveva accusato in una lettera il Viminale di aver mentito sulla vicenda della ragazza marocchina. Ma Palazzo dei Marescialli non dà credito alla denuncia

Caso Ruby, il Csm smonta il teorema del pm Fiorillo

Roma - Il Csm respinge al mittente l’esposto della pm dei minori Anna Maria Fiorillo sul «caso Ruby». Se il magistrato milanese, che si occupò della giovane marocchina portata in Questura a maggio scorso, sperava in una pratica a sua tutela viene delusa: la lettera inviata il 10 novembre a Palazzo de’ Marescialli si avvia ad essere semplicemente archiviata, senza neppure un’istruttoria.

La prima commissione del Csm ha esaminato ieri il documento in cui la Fiorillo denuncia discrepanze tra la sua ricostruzione della vicenda e quella riferita in Parlamento dal ministro dell’Interno, il 9 ottobre. In particolare, la pm sostiene, a differenza di Roberto Maroni, di non aver autorizzato l’affidamento di Ruby alla consigliera regionale lombarda Nicole Minetti, dopo l’intervento del premier Silvio Berlusconi.

«Mi affido alla loro decisione - commenta la Fiorillo, loquace come al solito - quello che dovevo fare l’ho fatto e quello che ho ritenuto di dire l’ho detto. Avevo avanzato delle richieste, ma se non si vuole dare una risposta e non si vuole aprire un procedimento, io non ci posso fare nulla». È amareggiata e un po’ polemica la pm, anche se conferma il suo rispetto per l’ordine giudiziario e si dice sicura che al Csm stiano valutando la sua richiesta «non solo con profondità, ma anche nel modo più conforme ai valori di correttezza e legalità».
Ma non è chiaro, spiegano a Palazzo dei Marescialli, quale provvedimento si aspettava la Fiorillo. Perché non chiedeva esplicitamente una pratica a sua tutela e, d’altronde, non c’era stato tra lei e il ministro alcun contrasto diretto, ma solo una diversa versione dei fatti. Lo scontro, semmai, è avvenuto dopo l’esposto, con accuse di aver mentito del pm al ministro e il successivo annuncio di querela per diffamazione da parte di Maroni.
Proprio sulle pratiche a tutela, poi, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che è anche al vertice del Csm, aveva espresso il primo dicembre in una lettera perplessità, raccomandando di fissare nuove regole e di osservare più riserbo su questioni facilmente strumentalizzabili.

E oltre ad una pratica a tutela che altro potrebbe fare il Csm? Non tocca all’organo di autogoverno della magistratura, sottolineano a Palazzo dei Marescialli, accertare come andarono le cose quella notte.
Questo compito lo sta svolgendo, invece, il Procuratore generale della Cassazione, che è titolare con il ministro della Giustizia dell’azione disciplinare. Vitaliano Esposito, che siede nel comitato di presidenza del Csm, ha avviato per suo conto le indagini già prima dell’esposto della Fiorillo. Ha chiesto agli uffici giudiziari milanesi un resoconto dettagliato della vicenda e su questa base deciderà se c’è stata qualche irregolarità e se è necessario aprire un procedimento disciplinare nei confronti di qualche magistrato coinvolto.
Il prossimo passo al Csm sarà la discussione in una delle prossime riunioni della Commissione, forse già prima di Natale, della motivazione che il consigliere Roberto Rossi sta scrivendo.

Per chiudere il fascicolo sulla questione, visto che il caso non rientrerebbe tra le competenze di Palazzo dei Marescialli, ci vorrà poi l’approvazione del plenum. Sempre la prima Commissione ieri ha rinviato al 10 gennaio prossimo, cioè alla prima riunione dopo la pausa per le feste, la discussione della pratica a tutela del pm del processo Mills, Fabio De Pasquale, definito da Berlusconi «famigerato». Una decisione presa anche per ragioni di «opportunità», spiegano al Csm.

Proprio questo caso aveva provocato la protesta dei consiglieri Pdl-Lega sull’istituto stesso delle pratiche a tutela, alla quale Napolitano aveva risposto invitando il Csm a «evitare il verificarsi di situazioni che possono creare inopportune tensioni».

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