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Caso Yara, un giallo durato tre mesi

Con il ritrovamento del cadavere di corpo di Yara Gambirasio nella zona industriale di Chignolo di Isola, si chiude nella maniera più drammatica un giallo che per tre mesi ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso

Caso Yara, un giallo durato tre mesi

Bergamo - Con il ritrovamento del cadavere di corpo di Yara Gambirasio nella zona industriale di Chignolo di Isola (Bergamo), si chiude nella maniera più drammatica un giallo che per tre mesi ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso. Tutto inizia il 26 novembre 2010, quando a Brembate di Sopra, nel Bergamasco, si perdono le tracce della tredicenne Yara Gambirasio.

La scomparsa di Yara Attorno alle 18:30 Yara, atleta di ginnastica ritmica, esce dal palasport del paese, ma dopo 15 minuti il suo cellulare è già spento. Gli investigatori ascoltano i familiari, gli amici, i compagni di scuola, ma non emergono elementi utili a ritrovarla. Un fascicolo per sequestro di persona viene aperto dalla Procura di Bergamo. Il 28 novembre mentre le ricerche proseguono, anche la Rete si mobilita per Yara: su Facebook nasce un "Gruppo per trovare Yara Gambirasio" con l’intento di raccogliere qualsiasi informazione utile per le ricerche. Un diciannovenne del paese, Enrico Tironi, racconta di aver visto la ragazzina parlare con due uomini vicino a un’auto rossa ammaccata la sera del 26 novembre. Gli inquirenti, però, ritengono inattendibile il racconto del giovane.

Le ricerche non si fermano mai Il 30 novembre le ricerche si concentrano in un cantiere a Mapello, comune al confine con Brembate, dove è in costruzione un centro commerciale e dove gli inquirenti vengono condotti dal fiuto dei cani specializzati: il sospetto è che la ragazza sia stata prelevata proprio in quel punto. Il 3 dicembre dopo alcuni giorni dalla scomparsa, a Brembate di Sopra continuano le ricerche di Yara Gambirasio. Un giubbino nero simile a quello che indossava viene trovato su indicazione di una donna che racconta di aver visto gettare dal finestrino di un’auto in corsa un sacchetto.

Il fermo del marocchino Il 5 dicembre un marocchino di 22 anni viene fermato su una nave diretta in Marocco perchè sospettato del sequestro e dell’omicidio di Yara: è Mohammed Fikri, un operaio del cantiere dove si erano concentrate le ricerche dopo che i cani avevano fiutato tracce della ragazza. A insospettire gli investigatori la decisione di lasciare lavoro e casa all’improvviso e imbarcarsi per l’Africa. Ma già il giorno dopo le accuse contro Fikri vacillano: da alcune frasi intercettate si pensava di aver trovato la soluzione del giallo, ma alcune parole in arabo mal tradotte e un biglietto per il Marocco già in tasca da tempo fanno cadere l’ipotesi di una fuga. Il 7 Mohammed Fikri esce dal carcere.

L'ipotesi del rapimento Il 12 dicembre emerge l’ipotesi investigativa di un possibile rapimento legato all’ambiente di lavoro di Fulvio Gambirasio, padre di Yara, la cui ditta avrebbe avuto rapporti con un’azienda coinvolta con la camorra. L’azienda sarebbe stata anche impiegata nel cantiere del centro commerciale di Mapello, dove le ricerche si erano indirizzate dall’inizio. Fulvio Gambirasio respinge l’ipotesi spiegando di non avere nemici o fatti da nascondere. Così il 28 dicembre Fulvio e Maura Gambirasio rivolgono un appello ai sequestratori: "Noi vi preghiamo: ridateci nostra figlia. Aiutateci a ricostruire la via della nostra normalità. Imploriamo la pietà di quelle persone che trattengono Yara, desideriamo che nostra figlia faccia ritorno nel suo mondo, nel suo paese, nella sua casa, nelle braccia dei suoi cari". Prima di leggere il suo discorso, il padre di Yara aveva ringraziato le forze dell’ordine e i volontari che si stanno adoperando nelle ricerche della figlia. Il 15 gennaio i genitori di Yara chiedono il silenzio stampa. Lo annuncia il sindaco di Brembate di Sopra, Diego Locatelli, che incontrando la stampa ha dato lettura di un breve comunicato diffuso dalla famiglia della giovane scomparsa il 26 novembre scorso. "La famiglia - è scritto nel comunicato - chiede, vista la situazione venutasi a creare con i comunicati non corrispondendti alla verità e il coinvolgimento di persone che nulla hanno a che vedere con il grave fatto accaduto, l’assoluto silenzio stampa per dar modo agli inquirenti e alle forze dell’ordine di svolgere l’attività investigativa con maggior serenità e tranquillità".

Si allarga il perimetro delle ricerche Il 20 gennaio per due giorni Yara è stata cercata in provincia di Udine, in una zona montana impervia nel comune di Socchieve. Lo confermano i carabinieri di Ampezzo, che hanno partecipato alle battute insieme ai colleghi del soccorso alpino di Tolmezzo e con l’appoggio di due unità cinofile fatte arrivare da Padova. Le ricerche sono scattate a seguito di una segnalazione anonima pervenuta ai carabinieri di Bergamo, che l’hanno girata ai colleghi friulani. Nel dettaglio, una sedicente veggente ha inviato un esposto scritto in cui affermava di aver sognato Yara, morta, distesa in un corso d’acqua non specificato. Le indicazioni geografiche della sensitiva hanno portata a Viaso, una frazione di Socchieve.

I militari dell’Arma, in tutto una ventina, hanno setacciato i vari ruscelli e la boscaglia della zona, con esito negativo.

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