È un castello medievale lo scrigno del Sangiovese

È un castello medievale lo scrigno del Sangiovese

«Ottimi per gli stati convalescenziari i vini rossi vecchi di Nipozzano». C'è da credere al celebre fisiologo dell'Ottocento Paolo Mantegazza che sicuramente avrebbe consigliato anche il Nipozzano Vecchie Viti Riserva 2011, ultimo nato di casa Frescobaldi, celebrato in una scenografica anteprima come si conviene ad un «cru» d'altissimo rango. E dunque con sbandieratori, duellanti in costume medioevale, musica di menestrelli, degustazioni di vini d'annata ad accendere di nuove sfumature il borgo e il castello di Nipozzano, nel Chianti Rufina, una delle storiche dimore Frescobaldi abbracciata da trecento ettari di vigneto mossi dal vento del passo della Consuma e dalla brezza più mite della valle della Sieve dove ogni anno si consuma la magia della vendemmia. «Il nostro stile è far parlare la terra. Ridarle voce rispettando la tradizione proprio come abbiamo fatto reimpiantando queste nostre vigne centenarie: abbiamo messo a dimora nuovi cloni per ottenere uve altamente qualitative nate da una fortunata combinazione tra età delle viti e terreni argillosi e calcarei», spiega Lamberto Frescobaldi, presidente della Marchesi de' Frescobaldi, casa vinicola toscana con settecento anni di storia. «Il risultato è un vino al 90% Sangiovese con uve complementari di Canaiolo, Malvasia nera e Colorino, affinato per ventiquattro mesi in grandi botti di rovere da trenta ettolitri per facilitarne l'ossigenazione e dargli maggior rotondità. Un vino rosso rubino con attacco olfattivo di frutta matura, che ha esordito il 22 aprile in 80mila esemplari nelle enoteche e nei ristoranti italiani». Basta osservare la bottiglia di Nipozzano Vecchie Viti per ritornare al già glorioso passato remoto del casato Frescobaldi: l'etichetta riprende lo stemma della famiglia Albizi, ricchi banchieri e mercanti di lana, proprietari del Castello di Nipozzano sino al 1863 quando Leonia degli Albizi sposò Angiolo Frescobaldi. E sono proprio i sotterranei di questo castello a fare da scrigno alla cantina storica dei marchesi e alla collezione privata della famiglia: «La tradizione vuole che per ogni nato nella nostra famiglia si metta da parte cinquecento bottiglie con il miglior vino presente in quel momento in cantina. E per me che sono nato nel 1963, pessima annata per il vino, fu imbottigliato il Nipozzano del 1961», spiega Frescobaldi, vestito con i colori della sua campagna, stappando una bottiglia del «suo» Nipozzano di nascita e degustandolo con un rituale che sembra fermare l'attimo. Qui le sue, più in alto quelle di sua sorella Fiammetta, di là le annate dei suoi figli, dei figli dei fratelli, dei nonni. Un viaggio nella memoria che nella cantina torna indietro sino al 1864, e che attraversa i saloni della villa del borgo dove sono custoditi i cimeli di famiglia, comprese le fotografie fine anni Novanta del presidente degli Stati Uniti Bill Clinton in visita al castello e le pergamene che fissano momenti storici come quella che recita: «Alla memoria dei posteri qui in Nipozzano dei Marchesi Frescobaldi oggi 13 aprile 1986 il Principe di Galles ha piantato una vite ed un olivo perenni simboli di civiltà e di cultura». Ma qui non si vive soltanto di ricordi sfumati dal tempo. Qui si guarda anche al futuro con filari tenuti sotto controllo persino da microchip che con la collaborazione degli studiosi dell'Università di Firenze monitorano vite per vite. Qui sembra di superare l'infinito sorvolando con lo sguardo i filari di vini che hanno consentito al gruppo Frescobaldi di chiudere il 2013 con un fatturato di 83 milioni e mezzo di euro.

Ispirati anche da quanto affermava già Johann Wolfgang von Goethe: «La vita è troppo breve per bere vini mediocri».

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