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A cena con Napolitano e Clio: così nacque il governo Renzi

Svelato il retroscena sulla cena a tre che convinse Re Giorgio a scalzare Letta e dare Palazzo Chigi a Renzi

A cena con Napolitano e Clio: così nacque il governo Renzi

Giorgio Napolitano se ne sta in disparte. "Resta al Quirinale perché vuole che si faccia la riforma elettorale - spiega in un'intervista all'Espresso Emanuele Macaluso, storico dirigente del Pci e vecchio amico di Re Giorgio - ma ritengo che manterrà fede a quello che ha detto in parlamento al momento della rielezione. Approvata la legge elettorale se ne andrà prima". Da che tirava i fili degli ultimi due governi, sembra essersi rinchiuso al Quirinale in attesa che da lì passi la prossima vittima: Matteo Renzi. Perché, come è già stato per Enrico Letta, anche l'ex sindaco di Firenze altro non è che un'alchimia di Palazzo, un magheggio firmato Napolitano, una mossa studiata a tavolino per evitare le elezioni. Un'operazione politica che nacque un lunedì sera, a cena. Era il 10 febbraio e al desco di Giorgio e Clio, anziché far accomodare l'allora premier Letta, fu invitato l'allora segretario del Pd Renzi. Una cena ufficiosa, all'oscuro delle segreterie presidenziali, che pose le basi per la nascita del nuovo governo.

Il retroscena della cena a tre e le ore che hanno preceduto l'ascesa di Renzi a Palazzo Chigi sono raccontate in La volta buona, un libro scritto a otto mani dal vicedirettore di Europa Mario Lavia, dai cronisti politici dell'Huffington Post Angela Mauro e Alessandro De Angelis e da Ettore Maria Colombo, primo biografo dell'ex segretario piddì Pier Luigi Bersani. Nel giro di poche settimane Renzi, al tempo primo cittadino di Firenze, prende prima il Partito democratico, quindi mette le mani sulla presidenza del Consiglio. Letta quasi non se ne accorge: tutto impelagato a mettere insieme uno straccio di patto di coalizione che Napolitano si affretta a dargli il ben servito. L'operazione, però, è già in atto da tempo. A maggio dello scorso anno la scalata frulla nella testa dell'ex rottamatore. "Matteo, perché non ce lo prendiamo il partito?". Matteo Richetti, deputato piddì, gli risponde: "Ma hai visto come è andata con Bersani?". La bruciante sconfitta di Bersani è ancora sotto gli occhi di tutti: la mancata smacchiatura del giaguaro, la figuraccia nel faccia a faccia con Beppe Grillo e il flop nella candidatura di Prodi al Colle. Una trombata in pieno stile che porta anche la firma di Renzi. Che da quei giorni, però, è riuscito a portare dalla sua parte la nomenklatura di via del Nazareno. Ma, mentre Letta non fa altro che combinare disastri e perdere consensi, anche Napolitano si convince a far credito al sindaco di Firenze.

Sin dall'inizio i rapporti tra Renzi e Napolitano sono stati piuttosto freddi. "Quando nell’aprile 2013 Renzi fu a un passo da Palazzo Chigi, il veto di Berlusconi fece tirare un grande sospiro di sollievo al presidente timoroso di mettere in mano a un under 40 inesperto le chiavi della sgangherata macchina Italia - spiega l'Huffington Post - da allora molto è cambiato, la stracciante vittoria di Renzi alle Primarie è stato il primo passo: Napolitano ha capito di avere di fronte a se un leader vero, strutturato e per di più legittimato dal popolo". Il faccia a faccia con Silvio Berlusconi al Nazareno e l'intesa sulla riforma della legge elettorale serve, quindi, a siglare la definitiva vittoria di Renzi. Far cadere Letta, quindi, è solo l'ultimo tassello dell'ennesima operazione orchestrata dal capo dello Stato. Dopo Monti e Letta tocca a Renzi, il terzo presidente del Consiglio non eletto dagli italiani. Il rito del passaggio della campanella tra premier uscente e premier entrante la dice lunga sul fatto che il blitz è stato tutt'altro che indolore. Renzi e Letta non solo non si parlano, ma manco si guardano negli occhi.

In disparte, il vero artefice del grande imbroglio: Giorgio Napolitano.

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