Cento milioni per il Comune con la vendita di tremila case

Immaginate di essere proprietari di una quantità di immobili capaci di ospitare una popolazione più o meno paragonabile a quella di città come Vercelli, Bassano del Grappa, Rieti, Lecco o Imperia. Immaginate di aver deciso di vendere in blocco questa proprietà e di affidare la vendita a un agente immobiliare. Stiamo parlando di oltre 10mila alloggi e una media di 40mila persone.
Non basta. Immaginate di prendere una città di queste dimensioni e trasferitela in aree della periferia di Napoli dove contenzioso e disagi sociali sono al massimo grado e dove la densità demografica porta a circa settantamila le persone coinvolte. A questo punto, tentate la stessa operazione.
Questo è quel che ha fatto il Comune di Napoli impegnando il suo storico gestore del Patrimonio Immobiliare, Romeo Gestioni, a completare un imponente piano di dismissioni di alloggi di edilizia popolare. Un piano di enorme complessità amministrativa e sociale che dovrebbe chiudersi con la vendita di oltre tremila unità immobiliari, con un ordine di grandezza finanziaria di oltre 100 milioni di euro in termini di entrate per il Comune di Napoli.
Il piano è nato come evoluzione di una transazione tra il Comune e la Romeo. L'ente locale era in debito con la società per circa 50 milioni, dovuti per competenze mai saldate dal 2007. Una cifra che non aveva impedito alla Romeo di erogare il servizio di gestione, ma che aveva costretto l'azienda ad avviare un iter giudiziario arrivato fino all'ipoteca su 104 immobili e a due sentenze sfavorevoli per il municipio partenopeo. Qui, la scelta politica della nuova amministrazione presieduta dal sindaco Luigi de Magistris, è stata «rivoluzionaria». Invece di aprire un lungo itinerario di contenzioso, si è andati al tavolo della trattativa con l'obiettivo di una valorizzazione del patrimonio e di un ripristino della collaborazione con il gestore. Il risultato è il piano di dismissioni in corso che, dopo soli quattro mesi dall'avvio, ha prodotto oltre 50 milioni di euro di entrate. Inoltre, centinaia di famiglie non agiate hanno scelto di passare da inquiline a proprietarie.
Il successo dell'iniziativa è stato facilitato anche dalle caratteristiche vantaggiose dell'offerta: tasso di interesse al minimo legale (2,5%) grazie a una convenzione con l'Abi; dilazione fino a 25 anni in funzione del reddito; una riduzione del prezzo legata alla vetustà del fabbricato; un ulteriore sconto del 10% in caso di acquisto in contanti; una rata mensile di importo non lontano da quello del canone in vigore. Ma il dato più importante è che si tratta di una svolta sociale, perché attraverso questo processo si crea una nuova fascia di cittadini che cambia il proprio status e scommette, nonostante le difficoltà, sul futuro.
Ogni giorno molti cittadini-utenti si rivolgono a Romeo Gestioni per avviare la propria pratica, destinata a concludersi con un rogito. Per realizzare questo risultato sono stati necessari un impegno amministrativo colossale e un'intensissima campagna di informazione.
Nei primi quattro mesi, dunque, oltre 1.500 alloggi venduti. Più della metà del piano già completato, un interesse collettivo crescente e, come se non bastasse, un grande afflusso alle aste di legge attivate per mettere sul mercato il patrimonio disponibile.
«La campagna di guerra delle dismissioni - spiega Alfredo Romeo, amministratore delegato del Gruppo - va avanti con un impegno aziendale senza precedenti. Impegno che Romeo Gestioni ha messo in campo senza riserve, nonostante sia in scadenza il contratto di gestione del Patrimonio Immobiliare del Comune di Napoli, prevista per dicembre prossimo. Con questo lavoro si va molto oltre le sterili polemiche dei mesi scorsi sulla transazione con il Comune e sul nostro ruolo di azienda “servente” dell'Amministrazione. Il dato oggettivo che va sottolineato è che quando nel 1990 abbiamo preso in gestione il patrimonio immobiliare di Napoli, questo valeva 800 miliardi di lire (circa 400 milioni di euro) e rendeva 2 miliardi e trecento milioni di lire all'anno (un milione e 150 mila euro). Oggi vale tre miliardi di euro e rende 30 milioni di euro all'anno.

Il piano di dismissioni - conclude l'imprenditore - aggiunge a questi valori altri due elementi decisivi: entrate per il Comune e beneficio sociale per popolazioni fin qui disagiate e che hanno ora una fortissima occasione di riscatto e di emancipazione civile».

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