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Cento passi per immergersi nella cupola del Pordenone

Riapre oggi il camminamento restaurato dalla Banca di Piacenza. Sgarbi: «Lo stile è michelangiolesco»

Onofrio Lopez

«Lo stile è perfettamente michelangiolesco. Il Pordenone era stato a Roma ed è uno dei pochi pittori del Nord Italia che fossero andati lì prima che Giulio Romano portasse Roma a Mantova. Quello era più facile. Lui invece è sceso negli anni Venti del Cinquecento ed è risalito portando l'immagine di Michelangelo in questa volta». Il giudizio critico dello storico dell'arte Vittorio Sgarbi apre uno squarcio di luce sulla cupola della basilica piacentina di Santa Maria di Campagna che, a partire da oggi e fino al 10 giugno, sarà aperta al pubblico grazie a una galleria circolare percorribile da più persone, aperta sull'esterno della città con vista panoramica a 360 gradi. La cupola sarà raggiungibile attraverso un camminamento di cento scalini, anticamente utilizzato per la manutenzione, recuperato e messo in sicurezza dalla Banca di Piacenza.

La Salita al Pordenone, questo il titolo dell'evento, è un progetto di valorizzazione del tempio mariano (voluto da papa Clemente VII e finito di costruire nel 1528) a cura della Banca di Piacenza in collaborazione con il Comune di Piacenza (proprietario della basilica) e il convento dei Frati Minori Osservanti (che della chiesa sono i custodi) con il patrocinio della Presidenza del Consiglio e del ministero dei Beni culturali. La possibilità di ammirare gli affreschi della cupola avvicinerà il grande pubblico a Giovanni Antonio de' Sacchis detto il Pordenone dalla sua città natale. Si tratta del più grande pittore friulano del Rinascimento, formatosi alla scuola del Giorgione, secondo la biografia del Vasari, ma cresciuto artisticamente a Roma, dove risentì dell'influenza di Raffaello e di Michelangelo. La contemporaneità con Tiziano, suo rivale sulla scena veneziana, ne ha un po' appannato la popolarità che di certo gli restituirà questa iniziativa, contribuendo a una maggiore conoscenza di un artista che seppe unire il rigore classico a un'iconografia popolare (o pop come si direbbe oggi).

Il Pordenone ha affrescato la cupola di Santa Maria di Campagna tra il 1530 e il 1535, dopo che nel 1522 aveva terminato il ciclo di affreschi dedicati alla Passione di Cristo nella Cattedrale di Cremona, mentre nel 1539 ha affrescato la cappella Pallavicino a Cortemaggiore, in provincia di Piacenza. Altre importanti opere pordenoniane nella basilica mariana sono la cappella di Santa Caterina (1530- 1532), la cappella della Natività o dei Magi (1532-1536) e Sant'Agostino (1535). La Salita si pone come obiettivo la valorizzazione di Santa Maria di Campagna come «crocevia di artisti». Oltre ai lavori del Pordenone, infatti, sono presenti opere di Guercino, Ignazio Stern e Antonio Campi.

«Piacenza è sempre stata crocevia di strade, quindi di pellegrini, mercanti, banchieri e Santa Maria di Campagna è stata crocevia di artisti», ha sottolineato il presidente del comitato esecutivo della Banca di Piacenza, Corrado Sforza Fogliani, aggiungendo che «non c'è centimetro della Basilica che non sia affrescato o dipinto». Sforza Fogliani ha inoltre ricordato che «la Banca di Piacenza riversa sul territorio piacentino 40 milioni all'anno esclusi i finanziamenti» e che «l'evento Salita al Pordenone non beneficia di contributi pubblici e non distoglie fondi della comunità da altri fini più congrui, specie in tempi di crisi». Come ha evidenziato il presidente, «è anche grazie al lavoro dei 530 dipendenti e dei 60 collaboratori esterni di Banca di Piacenza che un evento così impegnativo non grava sulla finanza pubblica».

Nella Sala del Duca di Santa Maria di Campagna, attigua alla Basilica, per tutta la durata della manifestazione verranno esposti due dipinti del pittore piacentino Giovanni Paolo Panini recuperati all'estero dall'istituto di credito.

Il sindaco di Piacenza, Patrizia Barbieri, ha espresso «la gratitudine della città alla Banca di Piacenza per questo meraviglioso e significativo evento che offre la grande occasione di far conoscere i nostri tesori nascosti».

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