Cultura e Spettacoli

Ecco la squadretta della cultura italiana

Impacciata la prestazione di Umberto Eco. Senza fantasia le vecchie glorie dell'ala sinistra come Piccolo, Lerner e Fazio. Tra gli outsider, bene Milani e Buttafuoco. Ricci la sorpresa

Ecco la squadretta della cultura italiana

ALBERTO ASOR ROSA Governa la propria area critico-letteraria con granitica sicurezza, pari solo alla supponenza. Le sue doti sono pazienza, autorevolezza e noia. Fustiga molto, inutilmente. E macina migliaia di pagine e libri, fra ingenuità e svarioni (è solito lanciare appelli a vuoto). Dopo il saggio-culto Scrittori e popolo , di 50 anni fa, ha dato alle stampe Scrittori e massa . Tradendo un certo affaticamento. Dall'amato tridente Pasolini-Fortini-Calvino è passato a difendere, inopinatamente, la triade Saviano-Giordano-Ammaniti. Anche per i monumenti arriva l'ora del ritiro. Voto: 1, di incoraggiamento.

FRANCESCO PICCOLO Fantasista prevedibile e applauditissimo della sinistra, una carriera nei club più blasonati dell' intellighenzia pedante e benpensante, da l' Unità al Dams (e il rarissimo triplete: Feltrinelli-Laterza-Einaudi) è elegante sceneggiatore da tinello e narratore dall'ideologismo intransigente. È solito elevare le proprie trascurabili vicende a condizione umana universale. In alto l'ego. Stagione da incorniciare: sceneggiatura morettiana di Mia madre e - numero ormai da repertorio - il mémoire esistenzialistico Momenti di trascurabile infelicità . Per la sinistra abbonata a Vanity Fair e che ascolta gli audiolibri di Gramellini, un intellettuale incedibile. Voto: 2 (ma la cosa per lui è trascurabile).

ROBERTO D'AGOSTINO Suggeritore occulto, infaticabile mediano di spiffero e centravanti di sfondamento bipartisan, è un non-intellettuale tuttofare. Onnipresente, gioca contemporaneamente in tutte le squadre. Compiacendosi di farle perdere. Qualsiasi notizia tocchi, in qualsiasi porta, portone, Palazzo o Alte Stanze si infili, fa punto. E avendo studiato poco, lo fa con classe. Zero lauree, mille tituli . Quest'anno fa, tra gli applausi, 15 stagioni a Dagospia. Auguri. Voto: 8 e un pezzo.

ALDO BUSI Altissimo, aldissimo, polemicissimo. Romanziere senza limiti, opinionista senza freno, intellettuale insostituibile e personaggio insopportabile, è un funambolo che può interpretare ogni ruolo. Forse non ti aiuta a vincere, ma fa sempre spettacolo. Per l'editore è spesso un problema, per il lettore un divertimento assicurato. Con lui non è detto che l'annata letteraria sia migliore. Ma, senza, è di certo più noiosa. Voto: 10, e non solo per la simpatia.

MASSIMO CACCIARI Quello che dice e scrive non è mai eccezionale, ma resta l'uomo più condizionante della cultura italiana. Nei talk show, nell'uno contro uno, è imbattibile. Sempre largo a sinistra, eloquio felpato, impeccabile quando c'è da impostare una strategia politica, tesse ininterrottamente idee per la sinistra, che i compagni non concretizzano. Poi, come i fuoriclasse, si trova al momento giusto nel posto giusto: sulla poltrona di sindaco, su un seggio europarlamentare, su una cattedra universitaria. Correttissimo, preferisce l'etica all'estetica. Voto: 8, per il look.

UMBERTO ECO Quello di Nu mero zero non è certo il miglior Eco che hanno visto i tifosi dei suoi romanzi, ma ormai si applaude più l'entrata in campo dello scrittore che la prestazione. Questa volta ci ha regalato un libro impacciato, senza estro, zero magie, solo tanto mestiere. Una delle sue peggiori uscite in maglia Bompiani. Come romanziere ormai più che un marziano, è un ufo: ogni tanto qualcuno crede di vederlo. Voto: (ovviamente) Zero.

GAD LERNER Nonostante gli anni e gli acciacchi resta il peggior fazioso del giornalismo italiano. Fedelissimo alla maglia ( Lotta Continua , Il Lavoro , Radio Popolare , il manifesto , L'Espresso , Repubblica , Vanity Fair , Raiuno, Raitre , La7 , laeffe ...) è il regista di riferimento della sinistra intellettuale. Particolarmente sensibile agli ingaggi, quest'anno ha rifiutato il rinnovo di contratto a Repubblica , che aveva abbassato il prezzo del cartellino. Un finale di partita commovente. Nel senso che fa piangere. Voto: 2, per le camicie da sartoria (altrimenti: 1)

FERRUCCIO DE BORTOLI Purosangue del giornalismo delle larghe intese e infaticabile terzino di spinta del terzismo politico, è il fuoriclasse assoluto del tiki-taka, che significa sapere tessere sapienti ragnatele di passaggi e rapporti. Senza concludere nulla se non tenere la palla. Rispetto alle due squadre in campo, che di solito perdono, lui gioca solo per se stesso, vincendo. Come dimostrano le due lunghe stagioni alla guida del giornale più blasonato d'Italia. Detto «ciuffo» per la leggerezza della scrittura, è ferocemente vendicativo. Quest'anno, in spregio al fair play e alla fedeltà alla maglia, appena uscito dal Corriere è stato ingaggiato nel Ticino e alla Longanesi. Si aspetta solo il gol dell'ex. Sempre ben pettinato, ma non basta. Voto 5, per le camicie da mercatone (altrimenti 6, ma non di più) .

ANTONIO MORESCO Nessuno ha ancora capito se sia il più grande fuoriclasse che abbiamo, soltanto un po' svogliato. O il più grande bluff degli ultimi decenni, ma di classe. Vive in uno stato di trance che gli permette di scrivere con una tranquillità che lo lascia a metà tra la perfezione e la follia. Macina troppe pagine, moltissime inutili, altre sublimi. Regala passaggi da antologia, ma a volte perde lucidità. Qualche ingenuità dettata dalla superbia. Ma al netto delle leziosità, la prosa resta sontuosa. Meraviglioso, ma illeggibile. Voto: tra 0 e l'assoluto.

ANTONIO D'ORRICO Se leggesse davvero tutti i libri di cui scrive non avrebbe tempo per scrivere sui libri che millanta di leggere. E se leggesse davvero così tanti libri belli, non scriverebbe quelli pessimi che scrive. Il fatto che si picchi di calcio, come di letteratura, fa malissimo al calcio e ancor più alla letteratura. Come arbitro, completamente inaffidabile. Su un settimanale della Rizzoli recentemente ha dato 10 e lode a un libro di Carlo Cracco (edito accidentalmente da Rizzoli) intitolato Dire, fare, brasare . Come crescere pessimi lettori. Voto: 10, come burlone.

PIETRANGELO BUTTAFUOCO Asso di una squadra di cui è giocatore unico, fantasista eretico e errante, con passo indolente e visione del gioco raffinata, preferisce battere la fascia destra del campo quando si gioca a sinistra, e la sinistra quando si gioca a destra. Scrittura diabolica e furbizia levantina, ha troppa classe per le nostre squadre. E lo perderemo. Finirà col trasferirsi in Oriente. Tocco d'angelo e bombe di fuego. Voto: (in numerazione araba) 9.

ALDO CAZZULLO Star mediatica indiscussa del tour per il 70° della Liberazione, ha portato in giro per l'Italia, tra piazze e salotti tv, le sue «storie dalla Resistenza» Possa il mio sangue servire . Sempre sulla palla, ha cavalcato l'anniversario editoriale con caparbietà, e furbizia. Concedendo molto all'emozione, meno alla verità: la frase «Non veniteci a dire che gli Italiani prima della caduta del Duce erano tutti fascisti» è fare gol a porta vuota, ma in clamoroso fuorigioco storico. Bravo, ma gioca troppo in copertura . Voto: 8 per la Resistenza, 4 per la «visione» politica. Media: 6.

FABIO FAZIO Ala tornante tra la cultura nazional-popolare (di cui però se ne spazza il culo) e l'intellettualità d'élite (che brama possedere senza che nessuno gliela conceda), è il peggior stopper del campionario italico, soprattutto nelle interviste: se c'è lui, passa tutto. Nullo dal punto di vista tecnico, rimedia con l'esperienza e il senso della posizione (sa sempre da che parte stare). In trasmissione, tiene in mano la squadra come pochi. Fa fare tutto agli altri, ma resta - non si capisce come mai - l'uomo del match. Gode, peraltro, di molta stampa amica. Voto: Non pervenuto, come la temperatura e il tempo. Che fu, che fa, che farà.

FRANCO MARIA RICCI Stagione perfetta. Non ha fatto nulla, se non perdersi nella costruzione di un gigantesco labirinto: un quadrato di 7 ettari, 300 metri per lato, 3 chilometri di viali, 60mila bambù. Inutile, ma magnifico. Ecco chi sono i fuoriclasse. Voto: 10 (per il senso della Bellezza e lo sprezzo del denaro).

SELVAGGIA LUCARELLI Splendido procuratore di se stessa che ha fatto delle eccellenti doti fisiche il miglior volano mediatico di quelle intellettuali, è reduce da una stagione impeccabile sul campo giornalistico, pasticciata fuori. Prima un romanzo molto più recensito che letto. Poi il confuso passaggio da Libero al Fatto quotidiano , una rasoiata che ha tagliato il campo destra-sinistra, ma finita fuori dai pali. Infine i coinvolgimenti nei noti scandali-gossipari. Comunque, sempre top player. Bellissima da vedere giocare. Il problema è cosa farà superati gli «anta». Voto: 10, per l'ironia.

ELENA FERRANTE Per la serie: Domande che nessuno si pone e che invece meriterebbero una risposta , più passano gli anni e più ci si chiede: «Ma chi cazzo se ne frega di chi è la Ferrante?». Scrittrice evanescente, manca di personalità, e non solo sulla pagina. Mettiamola così: si dà da fare e gioca una partita onesta. Ma inutile. Senza voto (ne prenderà già troppi allo Strega).

INGE FELTRINELLI Quest'anno festeggia i 60 anni della casa editrice, che però non è più quella di Giangiacomo che voleva cambiare il mondo con i libri e combattere le ingiustizie con la letteratura. Un tempo il nemico era il capitalismo avanzato dell'Occidente, oggi lo spauracchio è al massimo la fusione Rizzoli-Mondadori. Lontana l'epoca dei successi internazionali, oggi Inge si arrangia con quello che ha. E quello che ha, al momento, è una squadra di autori italiani col fiato corto. Troppe partite, poche reti. E lei non è del tutto incolpevole. Le rughe ci sono, e si vedono. Voto: 4, per la spocchia intellettuale.

MAURIZIO MILANI Surreale, straniante, multiforme. È il comico più amato e meno mediatico del mondo. L'essere stato fatto fuori da Che tempo che fa è il suo trofeo più bello. Rubrichista imperdibile sul Foglio , scrive anche racconti. Che ti stendono dal ridere. Eccellente a fare gruppo. Voto: 8, per la faccia da schiaffi.

ALESSANDRO BARICCO Mister Holden vuole sempre stravincere, anche quando non sta giocando nessuno. Ti stordisce di fraseggi leziosi quanto inutili, numeri a effetto, giocate da clown. Da cartellino rosso per simulazione continua. Fantasista atipico, e inefficace. Tiki-taka, tiki-taka , ma nulla più. Il nuovo La sposa giovane non è uno dei suoi libri migliori. Ma al grande pubblico piace sempre. Comunque, uno come lui è sempre meglio averlo nella tua casa editrice che contro. Voto: 10 per il divertimento; 1 per il risultato.

ALICE RANUCCI Romana, 17 anni, liceale, a sette anni pubblica la sua prima fiaba, nel 2012 vince il Premio di poesia «Mario Luzi», poi due raccolte di racconti. Quest'anno il debutto nel campionato maggiore. Da Garzanti esce il primo romanzo: In silenzio nel tuo cuore . Il libro è un caso. Piacciono le doti tecniche e introspettive che la giovane autrice mette in campo. Un po' meno il fatto che il padre sia un noto senatore Pd e che il libro si stato tenuto a battesimo (al Maxxi) da Veltroni, la Melandri, la Finocchiaro e Caltagirone. Se gli editor aiutano a migliorare un romanzo, i politici sono il volano migliore per farlo decollare. Ottima nel gioco di sponda. Voto: 8, che diviso per l'aiuto del padre, fa 4.

PIERGIORGIO ODIFREDDI Delle sue ultime stagioni si ricordano solo una pessima scivolata negazionista, una papera su finta telefonata del Papa e la bocciatura alla presidenza della Giuria del Campiello. Bruttissimo, in questo caso, il fallo di reazione: «I premi letterari sono covi di vipere», ha detto. Lento e prevedibile. V oto: meno infinito.

Matematico.

Commenti