Politica

Ma per la Cgil non basta ancora: «Provvedimento troppo debole»

Il sindacato: «Bene l’inversione di tendenza rispetto a Sirchia, ma la misura del governo resta insufficiente»

Emiliano Farina

da Roma

Dopo il dissenso (prevedibile) dell’opposizione sulla reintroduzione dell’obbligo di esclusiva dei primari ospedalieri anticipato dal ministro della Sanità, arriva quello (inaspettato) della Cgil che accusa Livia Turco di «aver fatto troppo poco».
I medici del sindacato più vicino alle politiche del governo Prodi hanno infatti preso una posizione oltranzista sulla scelta del ministro diessino alle prese con il disegno di legge sul «governo clinico», provvedimento che sarà presentato in autunno. Ossia, ritengono troppo blanda la nuova norma che prevede il rapporto esclusivo tra primari (o capi dipartimento) e il Sistema sanitario nazionale per l’intera durata del contratto. Quindi, non più reversibile di anno in anno come avviene oggi. «Anche se l’iniziativa rappresenta un’inversione di tendenza rispetto al vigente “supermarket” dell’ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia - accusa Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp-Cgil Medici - questa della Turco è una misura largamente insufficiente». Secondo Cozza, i cittadini devono trovare negli ospedali i medici, e non soltanto i primari, che hanno scelto di lavorare esclusivamente nella sanità pubblica. Una richiesta che il rappresentante della Cgil motiva così: «L’esclusività del rapporto dovrà valere per tutti i medici con la possibilità della “professione intramuraria” nelle strutture pubbliche (l’attività libero-professionale svolta all’interno dell’azienda sanitaria, ndr) mettendo fine all’attività negli studi privati. Così come già previsto dal ministro della Salute nella legge sulle liberalizzazioni».
Una posizione, questa del sindacato dei medici di sinistra che, pur considerando «giusto ed etico ripristinare il principio della esclusività del rapporto e arrivare a una nuova regolamentazione della libera professione intramuraria per evitare che sia un’iniqua via per superare le lista d’attesa», ritiene che il provvedimento debba essere portatore di «una rivalutazione di tale esclusività non solo professionale ma anche economica».

Come ha precisato il ministro Turco in un’intervista apparsa ieri su Repubblica, per la libera professione intramoenia «le aziende sanitarie locali hanno un anno di tempo per adeguare le strutture: ben 412 milioni di euro previsti in bilancio non sono mai stati richiesti dalle regioni per adeguare gli spazi sanitari».

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