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La Cgil va all’attacco Fiat zittisce la Camusso: «Mai insultato il Paese»

nostro inviato a Detroit

Il ping pong velenoso tra Sergio Marchionne, Susanna Camusso e Maurizio Landini è continuato anche ieri, mentre a Torino, nell’imminenza del referendum, ci sono stati momenti di tensione ai cancelli di Mirafiori tra sostenitori e oppositori all’accordo tra Fiat e sindacati, Fiom esclusa. All’Auto Show di Detroit l’amministratore delegato di Chrysler e Fiat dalle 7 e 30 del mattino, ora in cui incontra la stampa italiana, sino a sera, risponde a 360 gradi sulla galassia automobilistica della quale è al vertice: il punto sul mercato, la rinascita dell’industria Usa, l’ottimismo che aleggia qui rispetto al pessimismo in Italia, le votazioni di domani e dopo a Mirafiori che seguirà dal suo ufficio al Lingotto.
Il top manager è un fiume in piena e cerca di nascondere il nervosismo presentandosi agli appuntamenti sorridente. Marchionne, infatti, è consapevole che comunque sarà l’esito delle votazioni, ci saranno dei problemi: se vince il «sì» all’intesa, c’è da aspettarsi la reazione dell’ala più intransigente della Fiom; se prevale il «no», per Mirafiori sarebbe l’inizio della fine e la grande area industriale nel cuore di Torino farebbe la fine del polo di Termini Imerese. Al centro di tutto questo ci sono i circa 5.400 operai delle Carrozzerie dalla cui crocetta sulle schede dipenderà la sorte di una grossa fetta dell’industria automobilistica del Paese. Marchionne, ieri di buon’ora, ha voluto rispondere dagli Usa alla segretaria generale della Cgil, che lo aveva accusato di insultare in continuazione l’Italia.
«Se ci buttano fuori dal nostro Paese perché non ci vogliono - ha subito puntualizzato il top manager – devo andare altrove a produrre auto. La cosa è di una chiarezza incredibile. Qui in America – ha aggiunto – c’é da festeggiare in quanto esiste un’industria che si sta riprendendo, che si è rimessa in piedi un pezzo alla volta e si è rimboccata le maniche. Perché non riusciamo ad accettare la stessa sfida in Italia?». Rivolgendosi direttamente ai suoi avversari, Marchionne precisa di «non avercela né con la Cgil, né con Camusso, né con la Fiom e nemmeno con il suo capo Landini; hanno punti di vista completamente diversi dal nostro, che non riflettono quello che vediamo noi a livello internazionale. Ma questo non permette loro di accusare gli altri di non volere bene all’Italia».
Intenzione di Marchionne è di abbassare i toni alla vigilia del referendum, resa ancora più incandescente dalle scritte minacciose nei suoi confronti apparse sui muri di Torino. Ieri un nuovo attacco sia verso l’ad del Lingotto sia verso il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: nei pressi di Mirafiori è comparsa la scritta «Terrorista è Marchionne», con accanto il simbolo della Falce e Martello. Sulla serranda della sede della Uil Scuola, in via Pisa, è invece apparsa la scritta: «Sempre d’accordo coi padroni = Uil».
«Se vogliamo essere cittadini globali – era stato il messaggio di Marchionne - accettiamo il cambiamento e andiamo avanti per il bene di tutti e del Paese». Ma il ping pong riprende quasi subito, appena dall’Italia arrivano nel pomeriggio le palline velenose lanciate da Landini. «Bisogna far saltare l’accordo – replica il capo della Fiom - renderlo non applicabile ed essere in grado di riconquistare i diritti, che in termini sindacali significa riaprire la trattativa. Tutto il sindacato, tutta la Cgil lo capisca. I nostri iscritti, che sono dentro le fabbriche, continueranno a esserci».
E Marchionne, di rimando: «Ma allora qual è l’alternativa al voto? Devo fare un investimento, non è un ricatto, è una scelta da farsi. Perché, dunque, non è un ricatto alla Fiat quello della Fiom che detta le condizioni per l’investimento? Decidano i lavoratori, è la loro vita. Il posto si difende aggiornando il metodo di operare. Il mondo è cambiato. Nessuno ha voglia di perdere, ma una volta che ha perso, ha perso». Poi ribatte a Camusso: «Questa signora può dire quello che vuole, ma vada a guardare il piano industriale della Volkswagen, che arriva fino al 2018, e mi spieghi quanti dettagli ci sono. Non c’é una pagina con una riga sugli investimenti». Commenti anche dal ministro Paolo Romani, pure impegnato a ridurre le tensioni: «Crediamo, come governo, che il buon senso appartenga ai cittadini e ai lavoratori di questo Paese. Il referendum è molto importante e vincerlo rappresenta un dato fondamentale». La Borsa, invece, guarda ad altro e premia con un +5,4% Fiat Industrial e il corteggiamento del Lingotto verso i camion di Volkswagen. Bene anche Fiat Spa: +3,2%. Oggi Marchionne e gli altri numeri uno dell’auto mondiale, parleranno agli analisti in un incontro a porte chiuse organizzato da Deutsche Bank.

Presente il capo della Uaw, Bob King.

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