Cultura e Spettacoli

«Che bello recitare con Pitt Sogno un film con Muccino»

L’attrice all’Ischia Film Festival: «Durante le riprese di Troy eravamo pedinati dai paparazzi. Ho scelto il set perché mi ero annoiata di fare la modella»

Lucio Giordano

da Ischia

«Sprechen sie Deutsch? Parla tedesco?». «No, signorina, mi dispiace». «Non si preoccupi, neanch'io. Se vuole, l'intervista la facciamo in francese o in inglese». Alla fine scegliamo la lingua dei cugini d'Oltralpe. Perché Diane Kruger, star emergente ad Hollywood, vista in Troy nei panni di Elena, tedesca di origine, abita ormai da 15 anni a Parigi, città del suo ex amore, l'attore francese Guillaume Canet. E in Germania, ad Algermissen, un paese di 5mila abitanti dove è nata il 15 luglio di 30 anni fa, quasi non torna più. In pratica se n'è andata via da quando i suoi genitori si sono separati.
La Kruger che vedremo nel nuovo film di Bille August, Goodbye Bafana, ambientato nel sud Africa ai tempi della segregazione razziale e nel quale interpreta la moglie di un secondino della prigione in cui è rinchiuso il leader antiapartheid Nelson Mandela, arriva nell'hotel che la ospita in occasione della quarta edizione dell'Ischia Global fest dedicata proprio al cinema tedesco, con un ritardo poco teutonico. Indossa un semplicissimo vestito bianco ricamato, che mette in risalto i suoi magnetici occhi azzurri.
Bella è bella. Di una bellezza romantica, d'altri tempi. Lei stessa ammette: «Se ho lavorato in Troy, al fianco di Brad Pitt, è non solo perché il regista Wolfgang Pedersen è tedesco come me ma anche per il fatto che lui cercava un'attrice bionda, con gli occhi azzurri, carina, che sapesse recitare in inglese». E la Kruger a Hollywood lavorava già da tre anni: piccoli ruoli in non memorabili film: «Recitare con Pitt - dice - è stata un'esperienza unica, non solo per l'importanza del personaggio. I paparazzi non ci lasciavano soli un istante. A Malta, dove era stato allestito il set era tutto un ronzare di elicotteri affittati dai fotografi in cerca di immagini esclusive».
Comunque sia quel ruolo le è servito per farsi spazio ad hollywood, dove ormai soggiorna diversi mesi l'anno. E pensare che da ragazzina, questa figlia di due impiegati di banca tedeschi, tutto pensava fuorché al cinema. Racconta: «Da bambina mia madre mi iscrisse a una scuola di danza. Per anni ho ballato sulle punte, poi adolescente un signore, presentandosi come agente di moda, mi propose di sfilare sulle passerelle. Mi trasferii a Parigi e per cinque anni ho lavorato come mannequin. Un lavoro che mi è servito per conoscere il mondo. Nient'altro. Cinque anni dopo mi ero talmente annoiata che ho detto basta».
Inizia a recitare a teatro: i classici di Victor Hugo. Poi ecco il cinema: «Preferisco quello europeo, precisa. Però lavorare ad Hollywood è importante per poter scegliere le parti migliori nel vecchio continente». E chissà che, adesso, la bellissima, esile Kruger non approdi da noi. «Amo il cinema italiano, adoro quello di una volta: Visconti, De Sica. Di recente ho interpretato un film con Stefano Accorsi e a Los Angeles ho incontrato Gabriele Muccino con il quale lavorerei di corsa». Adora gli italiani, dunque, la Kruger. Un po' meno l'Italia del calcio. «Sono tifosissima», dice lei. Aggiunge: «Nelle qualificazioni avete eliminato gli Stati Uniti, paese nel quale lavoro. Be’, mi rimangono Germania e Francia, pensavo: tiferò per loro. Poi in semifinale avete battuto i tedeschi e completato l'opera con i francesi nella finalissima. Vedervi alzare la coppa è stata peggio di una pugnalata al cuore». Esagerata signorina Kruger. «À bientôt».

«À bientôt», risponde lei con una pronuncia francese che è tutta una poesia.

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