Che scorpacciata di tagliatelle e rane alla Trattoria Venturoli

nostro inviato a Baricella (Bologna)

Recentemente ho vissuto una giornata straordinaria per la sua eccezionalità: non mi era mai capitato di trascorrere ore piacevolissime con un signore che voleva rimanere trasparente, che non voleva essere citato in un articolo, nemmeno per sbaglio. Emiliano, ingegnere e gran signore a tavola, alleva di tutto e di tutto gusta, rigorosamente in compagnia perché da soli si intristisce.
Rotta sul casello di Altedo lungo la Bologna-Padova e da lì un po’ qua e un po’ là, un’ora abbondante stappando Bonarda nella foresteria con camino acceso della sua industria (termine che odia perché considera l’industria la morte dell’ingegno e della libertà di un essere umano), poi un paio di ore in trattoria, alla Venturoli a Baricella, Stefano in sala e sua sorella Nadia in cucina, quarta generazione, la prima ci riporta all’Ottocento.
Che godere: salumi (buoni) e sottaceti (così così), Parmigiano a volontà, Tortellini in brodo, Tagliatelle al ragù che uno non smetterebbe di gustare e poi il confronto con quelle al prosciutto, più saporite ma meno rotonde di sapore, Rane alla cacciatora (specialità della casa anche se ormai non arrivano più dai fossi attorno, bensì da Turchia o Albania), Anguilla fritta, Pesciolini fritti e tre dolci diversi, soprattutto il Fiordilatte. Ricorda tanto un crème caramel ma è molto più compatto perché in cottura, lunga lunga, evapora di un terzo. Nei bicchieri prima Pignoletto e poi Sangiovese, sinceri entrambi. Con la grappa ci siamo lavati le mani.
Notare bene: ho spazzolato le rane con le mani, per me acquistano sapore. Non è elegante, ma ci sono momenti in cui ci si sente così bene, e a proprio agio, che rinunciarvi sarebbe come privarsi di un piacere estremo, rane sublimate nel sughetto di pomodoro come faceva fino a pochi anni fa Maria Vecchietti e ora sua figlia Nadia, da prendere una alla volta con indice e pollice destri e mordicchiare e succhiare con beata ispirazione.
paolo.

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